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che cos'è il cinema?


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Se intendiamo il cinema come arte "di movimento", di uso scenico e frenetico della mdp, di rappresentazione di situazioni non prettamente reali o quotidiane, di puro intrattenimento, posso essere d'accordo con te Lac...Armageddon in questo caso è cinema purissimo, per quanto si potrebbe discutere della sua valenza artistica tout court.

Ma se poniamo davanti all'obbiettivo di una macchina da presa un vaso di fiori con accanto una vedova che piange e ci facciamo un bel piano sequenza di 3 minuti e mezzo, magari senza commento sonoro e musicale, abbiamo comunque cinema.

Cinema che non ci sbatte tutto in faccia, ma che ci costringe a "ripiegare" dentro noi stessi, e a pensare, ad elaborare e soppesare.

Personalmente non disprezzo il cinema d'intrattenimento, quando è fatto bene, altroché se è cinema, con la C maiuscola.

Se pensiamo ai Lumière, appare evidente che il loro contributo alla civiltà fosse di puro approccio "distraente".

Quel mitico treno che pareva schiantarsi incontro agli spettatori atterriti, era probabilmente tutto fuorché una ricerca d'avanguardia artistica. Era semplicemente un nuovo gingillo, una costruzione fenomenale che permetteva di "vedere le immagini muoversi". In quel momento, suppergiù, nasceva il cinema, dicono.

Per me in quell'istante germoglia solo il seme del futuro lavoro di abbattimento degli stilemi fotografici, applicando al movimento le nozioni fotografiche di fine '800. E avanti, lungo quella strada, con Méliès tra gli altri, che tu hai giustamente postato di là.

Quindi, non do più peso ad un tipo di cinema rispetto ad un altro.

Ogni storia raccontata, sia Guerre Stellari che Una Storia Vera, ha per me lo stesso peso filmico.

Per rispondere alla tua domanda: c'è più cinema in un inseguimento a tutta velocità con sparatorie o nella contemplazione di un pranzo domestico tra due giapponesi che si raccontano i ricordi d'infanzia?

Per me le cose sono equivalenti, poiché dove c'è una storia, reale o fittizia che sia, lì c'è il cinema, e non sono le acrobazie tecniche del regista a fare arte filmica, ma la capacità di raccontare storie e di mantenere vivo l'interesse del fruitore.

Ozu, forse, mi farà sbadigliare più di Bay, ma alla fine dei due film mi renderò conto che l'impatto di un asteroide ha avuto meno peso al mio interno rispetto ad uno sguardo gettato dal padre al figlio davanti ad una tazza di sake.

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Concordo con TomThom.

Secondo me convivono bene entrambe le visioni, entrambi i generi, chiamiamoli così. L'intrattenimento puro e semplice, che privilegia ora la spettacolarità ora il divertimento, e il cinema... come chiamarlo? Artistico, d'autore? Tutte definizioni forse stantie. Semplicemente il cinema che esplora vari versanti della narrazione.

Non vedo incompatibilità di fondo...

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Anch'io credo che rendere il cinema puro intrattenimento sia riduttivo.

Nella letteratura convivono Dumas e Joyce, ma oltre al fatto di utilizzare centinaia di pagine ognugno per i loro lavori, le loro opere sono distanti tanto quanto "Deep Impact" e "Dogville".

Se però Lacatus vuoi dire che il cinema offre un livello di intrattenimento così potente che nessun altra arte può raggiungere per immediatezza, coinvolgimento, ampiezza del numero di fruitori raggiungibili, etc...posso anche darti ragione, ma a questo punto ti chiedo anche: qual'è la differenza tra questo cinema e la televisione?

Secondo me questo è il vero terreno di divisione tra cinema-arte e cinema-intrattenimento, la sua "televisionabilità". Intendiamoci, "Il signore degli anelli" è una trilogia bellissima e realizzata in maniera sublime, ma "Il settimo sigillo", con i suoi 3 scenari e i suoi 7 attori gli si distanzia in maniera evidente quanto a contenuto artistico e a "grandezza" del messaggio di cui si fa portatore. Che ne dici?

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Per rispondere alla tua domanda: c'è più cinema in un inseguimento a tutta velocità con sparatorie o nella contemplazione di un pranzo domestico tra due giapponesi che si raccontano i ricordi d'infanzia?

Per me le cose sono equivalenti, poiché dove c'è una storia, reale o fittizia che sia, lì c'è il cinema, e non sono le acrobazie tecniche del regista a fare arte filmica, ma la capacità di raccontare storie e di mantenere vivo l'interesse del fruitore.

Ozu, forse, mi farà sbadigliare più di Bay, ma alla fine dei due film mi renderò conto che l'impatto di un asteroide ha avuto meno peso al mio interno rispetto ad uno sguardo gettato dal padre al figlio davanti ad una tazza di sake.

Non pensi però che il cinema colto cosiddetto realista, quello per intenderci che prende le mosse dal realismo francese, dalle teorie di Bazin e sfocia poi nel neorealismo italiano e nelle varie nouvelle vague sia la mera rappresentazione di storie che potrebbero benissimo essere anche lette o rappresentate a teatro in quando più vicine alla narrazione che alla mostrazione/attrazione?

L'essenza del cinema non sta nel raccontare una storia, ma nel MOSTRARE. Bazin con le sue teorie su piano sequenza, sulla soppressione del montaggio, e sul montaggio interno presenti nel cinema colto realista ha di fatto remato contro le teorie di Ejsenstein che vedevano invece il montaggio (cosiddetto montaggio-per-attrazioni) come cardine stilistico del cinema. I vari realismi, da quello americano a quello giapponese, fino al nostro neorealismo, e al realismo francese, osanntati come "cinema d'arte" sono in realtà "arte cinematografizzata", o "narrazione filmata". Ma vuoi mettere un'arsenale esplosivo di immagini come Metropolis a confronto con un Jules Et Jim? Il primo non può esistere che in forma cinematografica, il secondo potrebbe essere benissimo anche un racconto, un romanzo, un opera teatrale. Jules Et Jim non è necessariamente cinema.

Ovviamente non voglio fare bianco VS nero. Ci sono tantissime sfumature tra il cinema d'attrazione e la narrazione filmata: per esempio nell'altro thread ho messo Deserto Rosso che è un film neorelista (tardo-neorealista) di un regista che viene dal neorealismo: tuttavia si tratta di una forma leggermente più vicina al cinema d'attrazione: i dialoghi di Deserto Rosso sono rari, spesso inutili: a parlarci è ciò che viene mostrato, le espressioni dei protagonisti e soprattutto l'ambiente, gli oggetti, i colori, in un gioco di rincorsa verso all'astrazione. Pur trattandosi quindi di un film lento, pieno di piani sequenza in puro stile realista, ci sono elementi che lo rendono ambiguo.

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D'accordissimo con te su questo punto.

Non ho mai potuto soffrire il teatro filmato, e la novelle vague è proprio l'apice della teatralità su grande schermo.

Ma non pubblicizziamo la cosa, altrimenti si arrabbiano... :laugh:

E' vero poi che il cinema deve mostrare, ma mostrare presuppone anche raccontare: il dipanarsi della vicenda (o non vicenda che sia, abbiamo interi film che non raccontano nulla e mostrano poco) è funzionale all'idea che si vuole imprimere sulla pellicola.

Ci sono poi autori (e penso a Lynch) che, almeno credo io, primariamente si preoccupano di mostrare (leggi: colpire, infastidire, ecc) e poi di raccontare. Nei film del buon David la narrazione è spesso parte secondaria: pensiamo ad Inland Empire: tanto visivamente orgasmico, quanto narrativamente un ?, grosso così.

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Non pensi però che il cinema colto cosiddetto realista, quello per intenderci che prende le mosse dal realismo francese, dalle teorie di Bazin e sfocia poi nel neorealismo italiano e nelle varie nouvelle vague sia la mera rappresentazione di storie che potrebbero benissimo essere anche lette o rappresentate a teatro in quando più vicine alla narrazione che alla mostrazione/attrazione?

Su questo punto concordo con te, però penso anche che, in fondo, tutti gli stili abbiano diritto di cittadinanza. Altrimenti si potrebbe o si sarebbe potuto dire anche del teatro "eh ma a che serve, questo sembra letteratura messa in scena"... eccetera.

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Io butto lì qualche titolo. "Dogville" è cinema? "Il settimo sigillo"? (e praticamente ogni altro film di Bergman), "Effetto Notte"?, "L'angelo sterminatore"?

Sinceramente non capisco come si possano accostare sulla questione del montaggio "nouvelle vague" e "realismo" (tengo a precisare che ho letto libri 0 sul cinema nella mia vita, quindi se sbaglio "voi mi corigerete").

"A bout de souffle", "Jules & Jim", senza parlare di "Effetto notte" sono la celebrazione del montaggio, che è più forte della storia stessa! La scena della corsa sul ponte, l'accostamento con la statua neolitica a Jeanne Moreau, la scena del tavolo con lo schiaffo nel secondo, ma soprattutto, praticamente TUTTO "Effetto Notte" è il frutto di un'opera di montaggio accuratissima, è la celebrazione di quello che c'è dietro la cinepresa così come "8 e mezzo" è la celebrazione della regia.

Per quanto riguarda la questione della teatralità, sì, è assolutamente vero che "Jules & Jim" può essere un libro (è un libro, da cui Truffaut ha tratto il film), ma "A bout de souffle" NON può assolutamente esserlo, perché ha una storia banalissima, dialoghi sconnessi e per gran parte del film non si parla, ma si lasciano parlare le immagini, le espressioni di Belmondo, gli occhi e il mento della Seaberg, il rumore del traffico di Parigi. E' teatro, sì, ma reinventato attraverso la tecnica cinematografica. Credo anch'io che Godard abbia idee opposte alle vostre, perché lui rifugge la spettacolarità delle immagini ogni volta che può. Le sue inquadrature spesso sono secche, paiono abbozzate e tagliate "male", con troppa fretta, ma fa questo perché non ha alcun interesse per la narrazione, mentre può indulgere per 15 minuti su uno stesso piano e su un dialogo ai limiti del non-sense perché vuole fare SENSAZIONE lavorando sulla mente dello spettatore, non sui suoi occhi. I primi lavori di Von Trier non erano così diversi.

Per concludere, perché sembro un fondamentalista nuovondivago francofilo, sono il primo a dire che alla lunga Godard, e persino Truffaut (quando doveva fare film "per loro", dicendola alla Scorsese) diventano noiosi, ripetitivi, un po' vuoti e che, non so, Tarantino, pur avendo un rapporto simile con la parte dialogica dei francesi, sia molto, molto più coinvolgente, gradevole, sorprendente, e aggiungerei senza problemi "bravo" e capace di valorizzare meglio le potenzialità del cinema nel suo complesso.

Però se seguito alla lettera il tuo ragionamento Lacatus porterebbe a dire che "La guerra dei mondi" di Spielberg, che è UNA CAGATA PAZZESCA, sia migliore de "Il colore viola", sempre per citare un regista che mi piace moltissimo...

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Sia chiaro: con il mio ragionamento non voglio dare giudizi di valore (bello, brutto, capolavoro, "cagata pazzesca"). Gli stessi film che io considero "narrazione filmata" dal punto di vista tecnico, poi li trovo spesso godibili. Film come Il Grido di Antonioni o come Mamma Roma di Pasolini sono figli di quell'estetica "baziniana" del realismo colto eppure mi piacciono, ma in quanto racconti filmati, non in quanto cinema. Io ormai ho scisso queste due cose. E' indubbio che il valore narrativo di un film come Il Colore Viola è esponenzialmente superiore a Lo Squalo, però Lo Squalo è più essenzialmente cinematografico de Il Colore Viola. La bellezza del cinema è il suo essere popolare, terra-terra, il suo parlare alle emozioni più primordiali: paura, stupore, curiosità, ilarità, eccitazione... solo in un secondo tempo il comparto narrativo/letterario/borghese classico si è inserito come un virus dentro questa forma d'espressione. Un pò come se al circo o alle gare di moto un giorno decidessero di far recitare i trapezzisti o i centauri con lo scopo di nobilitare a forma d'arte quella che è un'attrazione spettacolare.

Poi ovviamente come ho detto prima esistono mille sfumature. Ho volutamente schematizzato, per esigenze di chiarezza.

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Sia chiaro: con il mio ragionamento non voglio dare giudizi di valore (bello, brutto, capolavoro, "cagata pazzesca"). Gli stessi film che io considero "narrazione filmata" dal punto di vista tecnico, poi li trovo spesso godibili. Film come Il Grido di Antonioni o come Mamma Roma di Pasolini sono figli di quell'estetica "baziniana" del realismo colto eppure mi piacciono, ma in quanto racconti filmati, non in quanto cinema. Io ormai ho scisso queste due cose. E' indubbio che il valore narrativo di un film come Il Colore Viola è esponenzialmente superiore a Lo Squalo, però Lo Squalo è più essenzialmente cinematografico de Il Colore Viola. La bellezza del cinema è il suo essere popolare, terra-terra, il suo parlare alle emozioni più primordiali: paura, stupore, curiosità, ilarità, eccitazione... solo in un secondo tempo il comparto narrativo/letterario/borghese classico si è inserito come un virus dentro questa forma d'espressione. Un pò come se al circo o alle gare di moto un giorno decidessero di far recitare i trapezzisti o i centauri con lo scopo di nobilitare a forma d'arte quella che è un'attrazione spettacolare.

Poi ovviamente come ho detto prima esistono mille sfumature. Ho volutamente schematizzato, per esigenze di chiarezza.

;)

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Di là ne parli male e di quà lo esalti. C'è da riflettere su ciò.

Si vedono case. Finché filma case va bene! E quando comincia con le sue sceneggiate che scade. Questa è la miglior sequenza del suo cinema. Per il resto è uno che le ha sempre prese sonoramente da tutti. Un figlio viziato della Roma bene che si è messo a giocare con la cinepresa per dire quello che i compagni volevano sentirsi dire.

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Si vedono case. Finché filma case va bene! E quando comincia con le sue sceneggiate che scade. Questa è la miglior sequenza del suo cinema. Per il resto è uno che le ha sempre prese sonoramente da tutti. Un figlio viziato della Roma bene che si è messo a giocare con la cinepresa per dire quello che i compagni volevano sentirsi dire.

Se riesco a trovare un'intervista in cui Battiato lo elogia, ti distruggo. :rolleyes:

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  • 3 weeks later...

Che bel thread ragazzi.

Mi piace molto la questione posta nei termini in cui l'ha posta Lacatus; è un modo di vedere le cose che apre scenari ai quali il cinefilo incallito non pensa molto facilmente. Per quanto mi riguarda, a livello cinematografico ritengo di potermi definire un onnivoro, nel senso che non ho preclusioni per quasi nulla. Credo fortemente che le distinzioni di genere siano un recinto davvero troppo forzato per un'arte come quella cinematografica, perchè le variabili, gli intrecci ed i sottoinsiemi sono talmente numerosi da renderle di fatto impossibili.

Tirando le somme posso dire che non esiste un filo conduttore preciso che lega i film che mi hanno segnato di più nella mia vita; ma credo di poter affermare con una buona dose di certezza che il cinema per me sia prima di tutto la potenza delle immagini in movimento. Quello che più mi affascina è pensare al fatto che la macchina da presa sia un attrezzo che, intrinsecamente, mostrando una porzione di "mondi" ne nasconde necessariamente infiniti altri; questa sua caratteristica ne fa una macchina imperfetta e quindi plasmabile dal fruitore. Mi piace l'idea di derivazione ingenuamente MacLuhaniana dell'estensione del senso: attraverso la macchina da presa la mia vista diventa più potente e mi permette di scoprire cose che non potrei mai vedere; poco importa che tutto ciò sia finto oppure no. Soltanto utilizzando questa come base concettuale riesco a comprendere come film lontanissimi tra loro possano toccarmi e piacermi allo stesso modo: in "Kill Bill" ed in "Ferro 3" ad esempio è proprio il movimento, inteso in tutte le sue possibili accezioni, l'unico flebile cordoncino che riesco a vedere come collegamento; in un caso sono i suoni a fare filtro tra le immagini e l'interpretazione del cervello, nel secondo sono i silenzi,ma in entrambi i casi la potenza evocativa è dirompente.

P.S. Piccolo inciso, "Ferro 3" è il film che avrei messo io nel thread, purtroppo già chiuso, dei 100 film.

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