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Le nostre poesie


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oltre al bel thread degli haiku, perchè non postare altri nostri componimenti...

io comincio...

Della nascita

Prima solo

grembo

di ragazza

freddo,

ma in potenza,

pronto ad accogliere

qualunque discendenza.

Ci sei

Dall’acqua

nasci: distesa e

fiato... sussurrato...

Poi, reciso.

Un colpo secco,

deciso, per dire che

ci sei

e non te ne andrai.

Non sai

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"Babele" (Omaggio a Paolo Conte)

Come uno di quegli stanchi tram

Che fan la spola tra le vie grigie di Milano

Osservo intorno senza pace il mondo, quant'è strano.

Chinatown brulica di cinesi

Milano di milanesi

E non so cos'è peggio, se un giallo sminuzzato nel riso alla cantonese

O uno stronzo cuoco di Brianza che ti cucina e poi ti sputa sulla milanese.

Dove sei, dove sei, qui è tutta un'inutile Babele

Dove sei, se ci sei, versa vino nel mio fiele

Come uno di quegli stupidi tram

Che fan marcia indietro davanti al progresso

Osservo intorno senza requie, dove sta il nesso?

Istanbul odora di maggiorana

Venezia è solo una puttana

E non so cos'è peggio, se un pò di canapa infilata nell'arrosto

O uno stronzo gondoliere che ti fa credere che Santa Marta sia un bel posto

Dove sei, dove sei, qui è tutta un'inutile Babele

Dove sei, se ci sei, versa vino nel mio fiele

A volte io ritorno senza un perché

Come uno stanco treno merci alla stazione

Intorno solo rotaie e sferragliare desolato

Intorno canto il mio inno denso all'amianto.

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  • 1 month later...

riesumo.

Io e Lei (Marzo 2007)

a B.

Affanno e sudore su una pelle

chiara

timida

scoscesa

in movimento

solo per me

sopra di me:

lei qui

adesso

insieme

mai

amato

tanto

prima

d’ora

sì...

quella tenera voglia di stare

seduto gustando

l’aria.

Respiri ampi, gonfi, aperti.

Acqua che accarezza e

onde che sciacquano... poi...

Rivoli.

Gradevole vederli.

Rossi a sentirli

ma con capelli neri sopra

di me sospesi:

abbracci su me

riversi:

neri,

neri, neri

occhi

mie faci...

A terra un soffio soffice dalle tue

labbra

lucide di baci.

Esco,

costretto,

ma come Paolo

vorrei rimanere

appeso

bendato

fremendo

lento,

su questo scoglio

a picco sul

vento.

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riesumo.

Io e Lei (Marzo 2007)

a B.

Affanno e sudore su una pelle

chiara

timida

scoscesa

in movimento

solo per me

sopra di me:

lei qui

adesso

insieme

mai

amato

tanto

prima

d’ora

sì...

quella tenera voglia di stare

seduto gustando

l’aria.

Respiri ampi, gonfi, aperti.

Acqua che accarezza e

onde che sciacquano... poi...

Rivoli.

Gradevole vederli.

Rossi a sentirli

ma con capelli neri sopra

di me sospesi:

abbracci su me

riversi:

neri,

neri, neri

occhi

mie faci...

A terra un soffio soffice dalle tue

labbra

lucide di baci.

Esco,

costretto,

ma come Paolo

vorrei rimanere

appeso

bendato

fremendo

lento,

su questo scoglio

a picco sul

vento.

Mi piace molto l'ultima strofa!

Pignoleria ritmica:

seduto gustando

penso dovresti dividerlo in due versi, quel seduto dovrebbe evocare una pausa anche visivamente...Poi potresti uniformare il tono di alcuni aggettivi, che a volte mi sembra passino da una dimensione alta ad una comune stridendo un po'...Oh, è solo una mia opinione! ;)

Se Lei ha avuto occasione di leggerla ne sarà certamente rimasta soddisfatta!

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Pignoleria ritmica:
seduto gustando

penso dovresti dividerlo in due versi, quel seduto dovrebbe evocare una pausa anche visivamente...

ha senso :ok:

Se Lei ha avuto occasione di leggerla ne sarà certamente rimasta soddisfatta!

le ho allegato al mio famoso regalo di natale anche una raccolta di mie poesie su di lei: mi ha detto che quando ha letto questa si è commossa :wub:...

aggiungo mantendo il tono melenso:

Hegel (Ottobre 2007)

Perderti

per poi

ritrovarti

aprendo la porta

del mio domani

è quanto la vita di meglio

abbia potuto offrirmi.

Dalle gioie dei giorni lucenti

alle vergogne delle notti in pianto,

su un letto

aperto nel baratro

di fradici momenti neri e rossi.

Senza futuro,

e poi ancora te.

Così eccomi qua:

ecco le cicatrici

con cui firmo i miei giorni

ogni mattino,

il sapere

che adesso vivo,

le lacrime.

Conobbi te.

L’assenza di te.

Ora di nuovo te.

Hegel avrebbe approvato.

La prospettiva (Dicembre 2006)

Ogni attimo

che passa

cambia

la prospettiva

che ho di te.

Le tue labbra,

il tuo sguardo,

un tuo respiro,

uno scorcio

dei tuoi seni,

il tuo corpo,

anche nulla

quando fisso

il soffitto

mentre ti stringo.

Eppure

sempre,

solo,

infinitamente

tu.

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Poesia materialistica:

Esiste

solo

il

mangiare.

Frittola.

Panelle.

Crocchette.

Mevusa.

Il resto

è

niaaaante.

:azz:

mi fa venire in mente una mia - orribile - vecchia produzione.

Il tempo di chi beve

Dai svuota il bicchiere

in fondo alla gola,

è nostro mestiere

allegri far fola.

Il nato in Gennaio

cominci col whisky:

versandone un paio

a bere s’arrischi.

A chi viene detto

di Febbraio nativo

io dono un goccetto

del gin da giulivo.

Dai svuota il bicchiere

in fondo alla gola,

è nostro mestiere

allegri far fola.

Di Marzo il ragazzo

sano e perfettino

non sobrio ma pazzo

diventi col vino.

Il tipo d’Aprile

su posi i suoi ferri:

sarebbe sì vile

non bere lo sherry!

Dai svuota il bicchiere

in fondo alla gola,

è nostro mestiere

allegri far fola.

Ben m’inorgoglisce

il nato di Maggio

che già rum smaltisce

ai piedi d’un faggio.

Onore sia per chi

di Giugno s’attrezza

per avere ogni dì

di birra l’ebbrezza.

Dai svuota il bicchiere

in fondo alla gola,

è nostro mestiere

allegri far fola.

Parole sapienti

dal tipo di Luglio:

<<La vodka tra i denti

glaciale io voglio!>>.

Nel nato d’Agosto

dal fegato a buca

trova sempre posto

l’amata sambuca.

Dai svuota il bicchiere

in fondo alla gola,

è nostro mestiere

allegri far fola.

A Maggio somiglia

di Settembre il figlio

ché grappa l’imbriglia

ai piedi d’un tiglio.

D’Ottobre chi è nato

sa cosa io canto,

infatti è malato

d’amor si vinsanto.

Dai svuota il bicchiere

in fondo alla gola,

è nostro mestiere

allegri far fola.

San tutti la storia

di Novembre il bello,

che cantò la gloria

dal suo limoncello.

Di Dicembre infine

tessiamo le gesta

che all’assenzio incline

ci spinge a far festa.

Dai svuota il bicchiere

in fondo alla gola,

è nostro mestiere

allegri far fola.

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mi fa venire in mente una mia - orribile - vecchia produzione.

Ragazzo, il mio è babbio.

Le mie poesie vere non le posterò MAI.

Anche perchè non esistono, preferisco di gran lunga la prosa... :rolleyes:

Edit:

"Dietro al palazzo c'è un cane pazzo

tiè, pazzo cane

questo pezzo di pane."

Ora, provate a dirla velocemente :dance:

(se registrate e poi postate i tentativi non sarebbe male)

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Ho scritto questa cosa, tempo fa: non è un poesia, non è un racconto (non si conclude, non c'è nemmeno una trama), forse è solo l'introduzione di un racconto. io la posto, poi se so come va a finire aggiungerò il resto... ^_^

IL CADAVERE

E. diresse verso la sponda del fiume con un’espressione contrita, gli angoli della bocca tesi verso il basso in maniera asimmetrica, quasi a sottolineare con la loro stortura la rottura delle norme di una vita civile, rappresentata dalla vista di un cadavere.

Il cadavere giaceva riverso su un fianco, non possedeva quasi una determinazione ulteriore, non era definibile, aveva perso qualunque forma umana in favore di una spugnosità macilenta e secca. Poteva essere stata qualunque cosa, quella massa, anzi, nella sua incredibile dissoluzione avrebbe potuto non essere necessariamente una ex-cosa, ma rappresentare se stessa in maniera semplice e chiara: una forma contenente della materia, anche se tragicamente ripugnante, un oggetto del quale avreste preferito non conoscere l’uso - o le caratteristiche, se per caso non fosse proprio servito a niente-.

E. si chinò con una strana freddezza sulla materia, la considerò di traverso, la soppesò, quasi.

Niente gli suggeriva quell’entità, nessuna corda del suo animo risuonava alla vista di quell’abominio, nessuna emozione era provocata da quell’oggetto che una volta aveva dovuto rabbrividire d’amore, aveva dovuto piangere, ridere e annoiarsi, studiare ridere e cantare, nessuna emozione suggeriva quella materia che le emozioni avevano attraversato.

Se questo fosse dipeso unicamente da una mancanza di empatia umana, E. avrebbe potuto almeno consolarsi, avrebbe ascritto alla misantropia la sua freddezza, si sarebbe trincerato dietro una parola e al suo riparo si sarebbe consolato: ma gli sembrava troppo semplice prendere una parte di se stesso, accusarla, metterla al bando e sbarazzarsene.

Non sentiva nessuna pietà per quel cadavere appunto perché era cadavere, e quanto più esso era martoriato, quanto più ogni sua intercapedine era rivoltata su se stessa, quanto più la forma umana non vi era riconoscibile, tanto meno egli sentiva l’orrore per un essere che aveva perso l’esistenza.

Tutt’attorno la calma di un giorno d’aprile rendeva conto del proseguire della vita nonostante la morte di un individuo.

E. si alzò dalla scomoda posizione in cui si trovava e ritornò sui suoi passi, girandosi a tratti per accertarsi di non avere avuto le traveggole, incespicando e sudando freddo.

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Ho scritto questa cosa, tempo fa: non è un poesia, non è un racconto (non si conclude, non c'è nemmeno una trama), forse è solo l'introduzione di un racconto. io la posto, poi se so come va a finire aggiungerò il resto... ^_^

IL CADAVERE

E. diresse verso la sponda del fiume con un’espressione contrita, gli angoli della bocca tesi verso il basso in maniera asimmetrica, quasi a sottolineare con la loro stortura la rottura delle norme di una vita civile, rappresentata dalla vista di un cadavere.

Il cadavere giaceva riverso su un fianco, non possedeva quasi una determinazione ulteriore, non era definibile, aveva perso qualunque forma umana in favore di una spugnosità macilenta e secca. Poteva essere stata qualunque cosa, quella massa, anzi, nella sua incredibile dissoluzione avrebbe potuto non essere necessariamente una ex-cosa, ma rappresentare se stessa in maniera semplice e chiara: una forma contenente della materia, anche se tragicamente ripugnante, un oggetto del quale avreste preferito non conoscere l’uso - o le caratteristiche, se per caso non fosse proprio servito a niente-.

E. si chinò con una strana freddezza sulla materia, la considerò di traverso, la soppesò, quasi.

Niente gli suggeriva quell’entità, nessuna corda del suo animo risuonava alla vista di quell’abominio, nessuna emozione era provocata da quell’oggetto che una volta aveva dovuto rabbrividire d’amore, aveva dovuto piangere, ridere e annoiarsi, studiare ridere e cantare, nessuna emozione suggeriva quella materia che le emozioni avevano attraversato.

Se questo fosse dipeso unicamente da una mancanza di empatia umana, E. avrebbe potuto almeno consolarsi, avrebbe ascritto alla misantropia la sua freddezza, si sarebbe trincerato dietro una parola e al suo riparo si sarebbe consolato: ma gli sembrava troppo semplice prendere una parte di se stesso, accusarla, metterla al bando e sbarazzarsene.

Non sentiva nessuna pietà per quel cadavere appunto perché era cadavere, e quanto più esso era martoriato, quanto più ogni sua intercapedine era rivoltata su se stessa, quanto più la forma umana non vi era riconoscibile, tanto meno egli sentiva l’orrore per un essere che aveva perso l’esistenza.

Tutt’attorno la calma di un giorno d’aprile rendeva conto del proseguire della vita nonostante la morte di un individuo.

E. si alzò dalla scomoda posizione in cui si trovava e ritornò sui suoi passi, girandosi a tratti per accertarsi di non avere avuto le traveggole, incespicando e sudando freddo.

:clapclap::clapclap::clapclap:

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Visto che siete tutti scrittori:

- Cos’era? - mi chiede

- Probabilmente solo un sogno – gli rispondo

Con occhi supplichevoli mi chiede – Dai. Racconta.-

- Che giorno è? – domando

- Il 15 di novembre – mi risponde

Inizio.

- Il mondo non era il mondo. Ovvero il mondo non era il mondo che conosciamo: pace, esplorazione spaziale, confederazione terrestre; solo morte, guerra, niente esplorazione spaziale o, almeno, ci eravamo fermati alla luna, politiche separate: ogni stato faceva a modo suo, con varietà di monarchie, anarchie e apparenti repubbliche. In questo mondo Io ero diverso; innanzitutto voi non esistevate, o se esistevate non vi conoscevo, e soffrivo dell’assenza di alcuni amici degni di questo nome come siete voi. Poi ero laureato, si, ma non trovavo lavoro perchè serviva manodopera bellica e non manodopera civile. Vivevo solo, i miei erano morti,mia moglie, che poi eri tu, pure. Rimanevano i miei fratelli e le loro mogli. Solo, senza alcuni amici che potevo fare? Pensai a questo la notte del 23 Ottobre, e arrivai a varie soluzioni: la prima prevedeva una corda stretta attorno al collo, ma scartai questa idea perché cappi non mi andava di farli; la seconda prevedeva invece una pietra e una corda attorno al collo, ma non andava perchè non esistevano più fiumi a Palermo degni di questo nome; la terza prevedeva un bossolo, ma purtroppo non possedevo una pistola; la quarta il volo, ma era impossibile da attuare. L’ultima idea fu un amico di mia madre di nome Aloisi, che aveva inventato un macchinario assurdo, lochiamava il "Dream On", o mondo dei sogni; prevedeva fili collegati alla testa che riproponevano all’individuo immagini, ricordi reali e fittizi, fantasticazioni, odori… che l’individuo aveva provato nella sua vita: quello che dava piacere diventava una tessera di un puzzle che altro non era il mondo dei sogni; quello che non provocava piacere o dava disgusto veniva gettato.

Una cazzata fantascientifica, capito?

Finito di creare il mondo dei sogni, operazione durata si e no 3-4 secondi, io e Aloisi ci accordammo sul prezzo sulla memoria di mia madre, operazione durata si e no 1-2 ore. Allora Aloisi mi fece sdraiare su un lettino e mi disse che non avrei ricordato nulla, che quello che vedevo esisteva nella mia mente, e che il primo approccio col mondo dei sogni l’avrei avuto nel mio letto: mi sarei svegliato, secondo Aloisi, nella notte tra il 14 e il 15 novembre. Premette il bottone e…- mi fermai

- Dai. Racconta. Cos’è successo? -

Esitai un attimo. Poi, dopo un gran respiro dissi solo

- Mi sono svegliato –

Abbiate pietà.

Avevo 15 anni.

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Visto che siete tutti scrittori:

- Cos’era? - mi chiede

- Probabilmente solo un sogno – gli rispondo

Con occhi supplichevoli mi chiede – Dai. Racconta.-

- Che giorno è? – domando

- Il 15 di novembre – mi risponde

Inizio.

- Il mondo non era il mondo. Ovvero il mondo non era il mondo che conosciamo: pace, esplorazione spaziale, confederazione terrestre; solo morte, guerra, niente esplorazione spaziale o, almeno, ci eravamo fermati alla luna, politiche separate: ogni stato faceva a modo suo, con varietà di monarchie, anarchie e apparenti repubbliche. In questo mondo Io ero diverso; innanzitutto voi non esistevate, o se esistevate non vi conoscevo, e soffrivo dell’assenza di alcuni amici degni di questo nome come siete voi. Poi ero laureato, si, ma non trovavo lavoro perchè serviva manodopera bellica e non manodopera civile. Vivevo solo, i miei erano morti,mia moglie, che poi eri tu, pure. Rimanevano i miei fratelli e le loro mogli. Solo, senza alcuni amici che potevo fare? Pensai a questo la notte del 23 Ottobre, e arrivai a varie soluzioni: la prima prevedeva una corda stretta attorno al collo, ma scartai questa idea perché cappi non mi andava di farli; la seconda prevedeva invece una pietra e una corda attorno al collo, ma non andava perchè non esistevano più fiumi a Palermo degni di questo nome; la terza prevedeva un bossolo, ma purtroppo non possedevo una pistola; la quarta il volo, ma era impossibile da attuare. L’ultima idea fu un’ amico di mia madre di nome Aloisi, che aveva inventato un macchinario assurdo, lochiamava il "Dream On", o mondo dei sogni; prevedeva fili collegati alla testa che riproponevano all’individuo immagini, ricordi reali e fittizi, fantasticazioni, odori… che l’individuo aveva provato nella sua vita: quello che dava piacere diventava una tessera di un puzzle che altro non era il mondo dei sogni; quello che non provocava piacere o dava disgusto veniva gettato.

Una cazzata fantascientifica, capito?

Finito di creare il mondo dei sogni, operazione durata si e no 3-4 secondi, io e Aloisi ci accordammo sul prezzo sulla memoria di mia madre, operazione durata si e no 1-2 ore. Allora Aloisi mi fece sdraiare su un lettino e mi disse che non avrei ricordato nulla, che quello che vedevo esisteva nella mia mente, e che il primo approccio col mondo dei sogni l’avrei avuto nel mio letto: mi sarei svegliato, secondo Aloisi, nella notte tra il 14 e il 15 novembre. Premette il bottone e…- mi fermai

- Dai. Racconta. Cos’è successo? -

Esitai un attimo. Poi, dopo un gran respiro dissi solo

- Mi sono svegliato –

Abbiate pietà.

Avevo 15 anni.

Tu sei un grande. :prego:

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Visto che siete tutti scrittori:

- Cos’era? - mi chiede

- Probabilmente solo un sogno – gli rispondo

Con occhi supplichevoli mi chiede – Dai. Racconta.-

- Che giorno è? – domando

- Il 15 di novembre – mi risponde

Inizio.

- Il mondo non era il mondo. Ovvero il mondo non era il mondo che conosciamo: pace, esplorazione spaziale, confederazione terrestre; solo morte, guerra, niente esplorazione spaziale o, almeno, ci eravamo fermati alla luna, politiche separate: ogni stato faceva a modo suo, con varietà di monarchie, anarchie e apparenti repubbliche. In questo mondo Io ero diverso; innanzitutto voi non esistevate, o se esistevate non vi conoscevo, e soffrivo dell’assenza di alcuni amici degni di questo nome come siete voi. Poi ero laureato, si, ma non trovavo lavoro perchè serviva manodopera bellica e non manodopera civile. Vivevo solo, i miei erano morti,mia moglie, che poi eri tu, pure. Rimanevano i miei fratelli e le loro mogli. Solo, senza alcuni amici che potevo fare? Pensai a questo la notte del 23 Ottobre, e arrivai a varie soluzioni: la prima prevedeva una corda stretta attorno al collo, ma scartai questa idea perché cappi non mi andava di farli; la seconda prevedeva invece una pietra e una corda attorno al collo, ma non andava perchè non esistevano più fiumi a Palermo degni di questo nome; la terza prevedeva un bossolo, ma purtroppo non possedevo una pistola; la quarta il volo, ma era impossibile da attuare. L’ultima idea fu un’ amico di mia madre di nome Aloisi, che aveva inventato un macchinario assurdo, lochiamava il "Dream On", o mondo dei sogni; prevedeva fili collegati alla testa che riproponevano all’individuo immagini, ricordi reali e fittizi, fantasticazioni, odori… che l’individuo aveva provato nella sua vita: quello che dava piacere diventava una tessera di un puzzle che altro non era il mondo dei sogni; quello che non provocava piacere o dava disgusto veniva gettato.

Una cazzata fantascientifica, capito?

Finito di creare il mondo dei sogni, operazione durata si e no 3-4 secondi, io e Aloisi ci accordammo sul prezzo sulla memoria di mia madre, operazione durata si e no 1-2 ore. Allora Aloisi mi fece sdraiare su un lettino e mi disse che non avrei ricordato nulla, che quello che vedevo esisteva nella mia mente, e che il primo approccio col mondo dei sogni l’avrei avuto nel mio letto: mi sarei svegliato, secondo Aloisi, nella notte tra il 14 e il 15 novembre. Premette il bottone e…- mi fermai

- Dai. Racconta. Cos’è successo? -

Esitai un attimo. Poi, dopo un gran respiro dissi solo

- Mi sono svegliato –

Abbiate pietà.

Avevo 15 anni.

ammetto che a una prima lettura mi sono perso qualcosa. rileggo con più calma tra un po'.

bello il finale! :ok:

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ormai mi è presa così.

questa purtroppo è tragica: lo scorso giugno davanti al mio liceo, proprio di mattina, all'entrata degli studenti nell'edificio, una ragazza di sedici anni è morta investita da un autobus che faceva manovra. il fatto che questa tragedia sia avvenuta davanti agli occhi di tutti, a pochi metri dalla scuola ha sconvolto tutti gli studenti, e ovviamente anche me. io valentina - perché si chiamava valentina - non la conoscevo, ciononostante mi ha impressionato tremendamente il fatto che non si possa vivere i propri sedici anni con la spensieratezza tipica di una mattina qualunque senza doversi confrontare così drammaticamente con la caducità della vita.

insomma dicevo, la sera stessa ho prodotto la cosa qui di seguito. il giorno dopo l'ho attaccata su un muro a scuola, e mi ha fatto piacere vedere la gente che si fermava a leggerla. qualche giorno fa sono tornato a scuola per salutare alcuni amici e l'ho trovata attaccata esattamente dove l'avevo lasciata. il fatto che generazioni degenerate come quelle di oggi non l'abbiano ancora staccata e che vedendola ogni giorno siano costretti a riflettere sul valore della vita mi fa pensare che allora forse non tutto è perduto, in tali bacate menti.

comunque:

a Valentina

Morire a sedici anni

non è degno di chi vive.

Mille sogni, giorni e pensieri

dischiusisi appassiti

in un attimo

contro quella pietra

che dovremmo chiamare madre,

la pietra azzurra

e Serena che tappezza

la nostra patria, i sassi

di quella terra che ci ha

partorito.

I sassi non hanno un senso.

Noi li chiamiamo madre,

ma loro non lo sanno,

loro non lo sono.

Aggrapparci a noi stessi

è l’unica speranza

per poter dire:

«Muoio ora, domani

o quando accadrà,

senza rimpianti o

preghiere a una

madre che non

ci riconosce

figli».

Una città si stringe,

molti sassi stanno fermi,

una ragazza muore.

E noi continuiamo inermi

a credere nei sogni.

(4 giugno 2007)

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Siete proprio bbbravi! Davvero bella la piece di Pandroid!

Beh allora me butto!

Direi 3 anni fa...Sono sempre stato ossessionato dal tramonto!

"Quanto è vero

quel poco di armonia

che emana dal tramonto.

Rosa annulla l'orizzonte

in grembo al cielo

e sembra possibile

divorare la sua monotonia celeste

in un sorriso sanguinante."

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Siete proprio bbbravi! Davvero bella la piece di Pandroid!

Beh allora me butto!

Direi 3 anni fa...Sono sempre stato ossessionato dal tramonto!

"Quanto è vero

quel poco di armonia

che emana dal tramonto.

Rosa annulla l'orizzonte

in grembo al cielo

e sembra possibile

divorare la sua monotonia celeste

in un sorriso sanguinante."

d'effetto! :o porca puzzola tutti scrittori qua! :clapclap:

ribordo

Notturno

Nella stanza divago

d’ombre azzurre

e fondo sogno e veglia.

Volteggiano e galleggiano

in un evanescente limbo,

in un’aura silente

lampeggiano e vaneggiano.

Un filo continuo,

sorge, vive, si perde nel buio,

allegro inconsapevole

della finzione di esistere.

Pausa, riposo,

corpo e mente:

ora raffreddo l’anima

che arde da sé.

Vorrei

viver di verità

socchiusa, eternata

negli occhi stanchi.

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Comatoso

tra le ombre che si intersecano

e sollevato su spasmi

d’aria

mentre le colombe

volteggiano in tondo

e in tondo scendono

il problema

quel respiro affannoso che richiama

il patto della nascita e le urla infelici

«Magari, magari! Che finisca qua!».

Cadere,

troppo sani e

comatosi

tra le ombre che si intersecano.

Accingiamoci, amici, a partire.

Camerata, eccoti la mia mano!

Aspettiamo la sera,

che fa più fresco

e laviamoci con il sangue del tramonto.

Poi leviamoci,

amici.

Le discese che

si avvicendano...

richiamano

le voci dall’alto!

Ecco!

Ci implorano

di tornare!

Ma noi proseguiamo,

imperterriti,

mentre

i tempi cambiano.

Il tempo cambia,

tra le ombre che si intersecano.

«Spodesterò dalla lapide

i cadaveri dei soldati

immeritevoli di tanto onore

gettandoli nei fiumi

portati in braccio dalla corrente».

Una volta sdraiato

ci sto

più largo

di loro.

Loro,

che rinascono

tra le spume di mare,

e io,

tra le ombre che si intersecano.

Oramai in cammino

da lungo tempo,

in caduta libera

dal più alto

dei palazzi

della nostra mente.

Di certo il miglior viaggio

della

nostra

esistenza.

Scendo alla prossima, grazie.

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Comatoso

tra le ombre che si intersecano

e sollevato su spasmi

d’aria

mentre le colombe

volteggiano in tondo

e in tondo scendono

il problema

quel respiro affannoso che richiama

il patto della nascita e le urla infelici

«Magari, magari! Che finisca qua!».

Cadere,

troppo sani e

comatosi

tra le ombre che si intersecano.

Accingiamoci, amici, a partire.

Camerata, eccoti la mia mano!

Aspettiamo la sera,

che fa più fresco

e laviamoci con il sangue del tramonto.

Poi leviamoci,

amici.

Le discese che

si avvicendano...

richiamano

le voci dall’alto!

Ecco!

Ci implorano

di tornare!

Ma noi proseguiamo,

imperterriti,

mentre

i tempi cambiano.

Il tempo cambia,

tra le ombre che si intersecano.

«Spodesterò dalla lapide

i cadaveri dei soldati

immeritevoli di tanto onore

gettandoli nei fiumi

portati in braccio dalla corrente».

Una volta sdraiato

ci sto

più largo

di loro.

Loro,

che rinascono

tra le spume di mare,

e io,

tra le ombre che si intersecano.

Oramai in cammino

da lungo tempo,

in caduta libera

dal più alto

dei palazzi

della nostra mente.

Di certo il miglior viaggio

della

nostra

esistenza.

Scendo alla prossima, grazie.

"Before you comatose

tan tan tan ta ta...

Wish away the nightmare

wish away the nightmare..."

Puoi citare Thom Yorke per plagio! ;) Ci sono anche echi deandreiani...molto radioheadiana come tematica, buon Karma!

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"Before you comatose

tan tan tan ta ta...

Wish away the nightmare

wish away the nightmare..."

Puoi citare Thom Yorke per plagio! ;) Ci sono anche echi deandreiani...molto radioheadiana come tematica, buon Karma!

be' in effetti questa è di diverso tempo fa...

mi hanno copiato!

c'è anche walt whitman, in un punto... ;)

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