Jump to content

2+2=5

Members
  • Posts

    543
  • Joined

  • Last visited

Everything posted by 2+2=5

  1. 2+2=5

    Suonare HTTT

    Chi di voi suona o comunque strimpella ha già messo mano ai brani del nuovo disco? Io sono già riuscito a decifrare "2+2=5" (guardacaso)...abbastanza intricato, maledetto Greenwood ! Poi anche There there, I will e Wolf at the door, più semplici della prima ma comunque particolari. Interpretazioni sugli accordi e/o parti di chitarra delle altre canzoni? (Per curiosità, anche per noi è interdetta una sezione di accordi e tabs?)
  2. Carissimo Ghost Rider, quanto ho detto nella mia recensione riguardo alle "facili esaltazioni" non esclude che comunque io non sia del tutto entusiasta di questo disco! anzi! ad ogni ascolto, diventa sempre più incredibile... siamo davvero di fronte a qualcosa di grande...
  3. Come già detto altrove, la prima e l'ultima... ma il resto dell'album non è certo da meno! Quando in "Sit down..." parte la sezione "the raindrops" ti viene da ringraziare Dio (o chi per lui) per l'esistenza di questo gruppo...
  4. Non capisco perchè al posto delle virgolette si siano visualizzati quegli strani segni...spero sia leggibile comunque... :?
  5. Dopo 2 giorni di ascolto quasi ininterrotto, ho cercato di condensare tutte le mie impressioni in questa recensione...ditemi che se pensate, se siete d'accordo, etc... Grazie! :wink: Il “pop” secondo i Radiohead : “Hail to the thief” Scrivere una recensione di questo disco non è impresa facile. Perché sui Radiohead ormai si è detto e si continua a dire di tutto. La band più rispettata degli ultimi 10 anni, un consenso e una credibilità cresciuti anno dopo anno, disco dopo disco. I Radiohead sono una realtà con cui è impossibile non confrontarsi, al giorno d’oggi. E scrivere una recensione di un disco come “Hail to the thief”, considerata la statura della band che lo ha realizzato, e considerata anche la caratura dei suoi due immediati predecessori “ Kid A” e “Amnesiac”, è quindi impresa ardua… si rischia di cadere in troppo facili esaltazioni, nate dall’entusiasmo per la novità, o in scomodi paragoni col passato della band, sia prossimo che remoto (l’osannato “Ok Computer”, per intenderci). Quando invece HTTT va considerato in sé, per quello che è. Un disco di “canzoni pop da tre minuti”, come era stato annunciato nei mesi precedenti la pubblicazione. E’ la sublimazione dell’idea del “pop” (le virgolette sono d’obbligo) per i cinque di Oxford, alla luce, è chiaro, di tutta la loro precedente opera. Apparentemente non aggiunge nulla di nuovo alle esplorazioni oblique dei due predecessori, non è una svolta immediata. Per intenderci, non è “big bang”, un “Kid A”. E forse non è neanche una pietra miliare come è stato “OK Computer” per il decennio scorso (anche se provocatoriamente Yorke ha anche affermato che potrebbe essere un “Ok Computer 2”…) Questo potrebbe anche deludere il fan più esigente e incontentabile. Non c’è svolta immediata dunque, non come ci avevano abituati. C’è qualcosa di più: c’è l’ormai totale consapevolezza dei propri mezzi, al servizio di composizioni eterogenee ma allo stesso tempo riconoscibili sotto quell’unico marchio di garanzia che è diventato il nome Radiohead, il vero filo conduttore che lega le 14 canzoni che compongono HTTT. In questo album si trova di tutto, fra gradite conferme di uno stile ormai consolidato e inattese sorprese, soprattutto per quanto riguarda certe soluzioni stilistiche e di arrangiamento. HTTT potrebbe benissimo essere un’antologia di tutto quello che i Radiohead in 10 anni hanno saputo esprimere, delle loro conquiste. Ma non è un mero esercizio stilistico: è un disco sentito, è più immediato, meno “freddo” dei predecessori. Come ha detto Colin Greenwood, è il loro primo disco “recorded in sunshine” (il sole della California, per essere precisi), aldilà della consueta predilezione per le atmosfere oscure e malinconiche, aldilà delle immagini di desolazione suggerite dalle criptiche liriche di Yorke, HTTT trasuda entusiasmo: i Radiohead si divertono ad essere i Radiohead. Sono in ottima forma: basterebbero per testimoniarlo i soli pezzi di apertura e chiusura dell’album, “2+2=5” e “A wolf at the door”. Il primo condensa in 3 minuti quello che semplicemente dovrebbe essere il rock nel 2003: originalissimi arazzi costruiti dalle chitarre (Jonny Greenwood si supera in questo pezzo), arpeggi convulsi, dissonanze ed esplosioni quasi punk da far letteralmente saltare sulla sedia. E’ grandioso come in una sola canzone siano riusciti addirittura a superare i livelli di un album come l’ormai lontanissimo “The Bends”. Il secondo pezzo in questione è forse una delle più belle ballate mai composte dal gruppo: le prime battute della canzone ricordano molto gli arpeggi di “Because” dei Beatles, (va ricordato, fra i pionieri dell’uso del Moog nell’album “Abbey Road”)… fra vaghe reminescenze di Ok Computer, la canzone si risolve tutta nel sorprendente cantato di Yorke, che abbandona le sue consuete tonalità alte per cimentarsi in una sorta di recitato baritonale, carico di pathos in ogni sillaba, per poi aprirsi nelle sublimi armonie del ritornello…un altissimo concentrato di emotività da cui è difficile, se non impossibile, restare indenni. Il resto del lavoro vede la convivenza di tutti gli elementi che hanno reso grande la musica dei Radiohead: il rock chitarristico e percussivo, mai banale (“Go to Sleep” e il singolo “There there”); i momenti intimisti ricchi di pathos (la pinkfloydiana ballata pianistica “Sail to the moon”, spaziale già dal titolo, “Scatterbrain”, tutta costruita su impeccabili arpeggi di chitarra e la gemma acustica “I will”); le suggestioni elettroniche, (“Sit down stand up”, dal crescendo micidiale e “The Gloaming, un’”Idioteque” se possibile ancora più oscura) e le spericolatezze ritmiche al limite dell’estremo (“Where I end and you begin” in cui la sezione Colin Greenwood / Phil Selway è più compatta che mai e la sghemba “Myxomatosis”). Degni di particolare nota il quasi-pop elettronico di “Backdrifts”, impreziosita da un’orecchiabilissima melodia vocale e da minimali interventi di piano, e “A punch up at a wedding”, composizione peculiare per la secca ritmica di piano e batteria sorretta da riff di chitarra quasi bluesy. La ballata “We suck young blood” potrebbe risultare forse la meno interessante del lotto, col suo incedere spettrale che ricorda la “You and whose army?” di “Amnesiac”, salvo poi sorprendere nella sezione mediana con un’improvvisa incursione di batteria ed effetti. Ma il vero valore aggiunto di questo disco è la riscoperta voce di Thom Yorke. Gli arrangiamenti vocali sono forse tra i più curati dell’intera produzione dei Radiohead: viene sfruttata una vasta gamma di tonalità, anche all’interno dello stesso pezzo; le armonie perfettamente architettate impreziosiscono ulteriormente le già efficaci melodie. E’ davvero un sollievo vedere come Yorke, dopo aver nei due lavori precedenti quasi volutamente occultato la sua voce, ne abbia riscoperto e sfruttato appieno e in modo del tutto originale le potenzialità, confermandosi una delle voci più memorabili di sempre. In definitiva, “Hail to the thief” potrebbe essere considerato come episodio a sé nel percorso artistico dei Radiohead: una sorta di divertimento, in cui si esprimono liberamente tutte le caratteristiche che hanno reso e rendono tuttora la band di Oxford la più bella realtà musicale degli ultimi 10 anni. Il che, anche per chi non dovesse accontentarsi, non è necessariamente un male… se, come recentemente è stato affermato da Thom Yorke in un’intervista al NME, con tutta probabilità i Radiohead fra due anni saranno “irriconoscibili”.
  6. 2+2=5

    Bowie

    la domanda che poni è più che legittima, oltre che fondata. Verissimo, il "miracolo berlinese" (che secondo me ogni fan dei Radiohead, soprattutto degli ultimi, dovrebbe quantomeno approfondire :wink: ), non è certo tutta farina del sacco di Bowie. Suo grandissimo merito è stato l'essere un catalizzatore fra i fermenti krautrock e il genio di Eno (in questi dischi in veste di collaboratore e co-compositore, non produttore come molti erroneamente credono), filtrando il tutto attraverso la sua incredibile sensibilità artistica. Quei 3 album sono sicuramente debitori del krautrock e di Eno, ma sono anche e SOPRATTUTTO Bowie! Ripeto, il suo enorme merito è stato quello di filtrare, rielaborare personalmente e divulgare in maniera anche abbastanza originale i fermenti più vivi in circolazione! Non è certo una cosa da tutti. Dell'ultimo Bowie, come ho già detto sopra, consiglio spassionatamente Outside, il primo vero disco di Bowie dal 1980 in poi. (non sei tra i pochi che preferiscono Low...ti assicuro che ce ne è moltissimi...io invece preferisco...LODGER! un disco che ha avuto su di me lo stesso impatto di Kid A, per intenderci :wink: )
  7. 2+2=5

    John Cale

    Cale solista è un "viaggio". ha fatto di tutto. per cominciare ti consiglio "vintage violence" il primo album, zeppo di gemme pop che certo non ti aspetteresti dal folle sperimentatore di "white light white heat". poi ti consiglio "paris 1919", in bilico fra classica e rock (ma parlando di Cale è davvero difficile catalogare...), e i lavori con Eno "Fear", "Slow Dazzle" ed "Helen of Troy". Se vuoi comunque scoprire l'intera essenza di Cale, ancor prima di questi album in studio ti consiglio il live "Fragments of a Rainy Season", voce, piano o chitarra...tutto lì :wink: (se ti serve qualcosa chiedi pure) I primi 2 album dei VU sono inarrivabili anche adesso che sono passati quasi 40 anni... ma il terzo, che è pure senza Cale, dove lo mettiamo? il lato intimista dell'indie rock (e non solo) deve tutto a quest'album e a quella sensibilità pop di Lou Reed cui giustamente hai fatto riferimento. Lou Reed è una personalità artistica unica, un personaggio straordinario, è una cosa più che risaputa..aldilà di alcune ingenuità che derivano dal suo carattere assolutamente uncompromising, resta sempre uno dei più grandi Ah, la cover di "I'm set free" (dal terzo album dei VU) fatta da Beck e Thom Yorke dal vivo l'avete mai sentita? :!:
  8. Scaricati! Grazie mille 8) ! qualità non eccelsa, ma la carica c'è tutta!
  9. 2+2=5

    Beatles... votate!

    Esatto Dani! Avrei voluto dirlo ma... rischiavo di essere fraiteso hihihihi
  10. No, un pò più a sud....più nordafrica che italia comunque
  11. laureando in lettere classiche. (uhm...se avessi detto "adoratore di satana" forse sarebbe stato più interessante :? )...ma alla fine è davvero quello che faccio, fra mille aspirazioni non ancora soddisfatte...(legate alla musica e ciò che vi ruota attorno).
  12. Compra l'edizione speciale finchè sei in tempo!!!!!!! :wink:
  13. 2+2=5

    Tim Buckley

    Ho visto con piacere che su questo forum si parla molto di Jeff Buckley. Non tutti però conoscono l'immensa produzione artistica di Tim, quel padre tanto amato e allo stesso tempo odiato, che Jeff rifuggiva ma allo stesso tempo cercava, anche nella sua musica. Due vite parallele, accomunate dallo stesso tragico destino e dal medesimo sconfinato talento. C'è tanto di Tim in Jeff, non solo il cognome. Ascoltare per credere. Anzi, le vette toccate da Tim in album come Happy/Sad, Blue Afternoon e l'inarrivabile Starsailor difficilmente sono state eguagliate. Tim aveva un'estensione vocale incredibile (cinque ottave e mezza)..nella sua voce, nella sua musica c'è sentimento, c'è emozione, c'è carnalità, c'è spiritualità, disperazione, amore. Chi di voi ha già sentito l'omaggio acustico fatto da Thom Yorke, la cover di "Sing a song for you", può avere un'idea di ciò che dico. Il resto, per chi già non lo conoscesse, invito caldamente a scoprirlo. (chi è interessato a materiale anche raro di tim buckley può rivolgersi privatamente al sottoscritto :wink: )
  14. 2+2=5

    Bowie

    A qualcuno di voi qui dentro piace David Bowie? io lo trovo uno dei più grandi artisti pop (in senso warholiano) degli ultimi 30 anni. Chi non lo conosce come di dovere, dovrebbe (quasi obbligatoriamente) aggiornarsi sulla sua opera. La sua carriera negli anni '70 è inarrivabile, fra successo commerciale e ricerca...raggiungendo vette elevatissime, dall'hard rock superomistico e tetro (The man who sold the world) al pop più raffinato (Hunky Dory) dal cosiddetto glam-rock (Ziggy Stardust) alle fascinazioni soul (Young Americans), dal decadentismo intriso di suggestioni teutoniche del "thin white duke" (Station to Station) fino agli esperimenti berlinesi con Eno (Low, Heroes, Lodger) che spianeranno la strada alla new wave...un percorso artistico ricchissimo e inevitabilmente influente per gli anni a venire. La musica di Bowie è un filtro, un catalizzatore. Il resto della sua carriera non è scevro da passi falsi e cadute di tono (fatta eccezione per il bellissimo "Outside" del 1995, ancora con Eno), ma Bowie resta comunque uno dei più grandi. Ricordo un'intervista ad Ed O'brien all'uscita di Kid A, in cui sosteneva che il percorso futuro dei Radiohead negli anni 2000 sarebbe stato simile a quello di Bowie nei '70... un album all'anno, senza mai fermarsi, verso territori inesplorati. E quindi, se i Radiohead sono COSì stupefacenti, il merito è anche di Bowie e della tipologia di artista che ha contribuito a creare. Long live the thin white duke!
  15. 2+2=5

    John Cale

    Vi prego, ditemi che c'è almeno UNO di voi che crede che il vero genio dei Velvet Underground fosse John Cale anzichè Lou Reed... Cale è un personaggio tanto straordinario quanto (purtroppo, direi)misconosciuto...compositore classico, sperimentatore rumorista ante litteram, punk rocker, autore di raffinatissime gemme pop...Cale è tutto questo e molto di più. SAY FEAR IS A MAN'S BEST FRIEND!
  16. 2+2=5

    Beatles... votate!

    Dei Beatles non si butta via NIENTE. Imprescindibili. I Radiohead di Kid A e Amnesiac sono discendenti diretti del loro metodo di lavoro in studio. Solo che i Beatles (detto mooolto semplicisticamente) l'hanno fatto quasi 40 anni fa, coi mezzi dell'epoca, trasformando per sempre il concetto di fare musica IN STUDIO...e un pezzo come Strawberry fields ne è forse l'emblema. E' difficile pensare a sperimentatori come Kraftwerk, Eno e Radiohead stessi senza la strada loro spianata dai Beatles, che per primi mostrarono le potenzialità di uno studio di registrazione.
  17. Un cacciavite in gola ...originale definizione per definire la voce di Malcom Mooney, cantante della prima formazione dei Can, che non ha NIENTE a che vedere con la voce di Yorke! Ma i Can restano comunque fra i gruppi più influenti di sempre, per quanto il loro ascolto possa sembrare ostico. Ho scoperto questo gruppo grazie alla cover che ne fanno i RH...canzone straordinaria, credo anche io di preferire la versione rifatta dai Nostri...
  18. Non ho votato (troppo doloroso), ma posso dire qual'è quella che preferisco di meno fra queste! Love comes to town. Non riesco a scegliere, troppi nomi importanti, troppe pietre miliari fra le possibilità!
  19. Io c'ero...per un beatlemaniaco inguaribile quale sono, è stata un'emozione grandissima, con musica perfetta e uno scenario e un'atmosfera da sogno. Uno di quegli eventi a cui si deve assistere almeno una volta nella vita 8)
  20. Gente, chi fra di voi è musicista? io suono la chitarra in un gruppo (inutile dire che i RH sono fra le nostre maggiori influenze :roll: , più o meno inconscie!)...Sounderground... a questa pagina potete ascoltare una nostra canzone registrata da poco, "Dust". http://stage.vitaminic.it/sounderground sarei contento di sapere se c'è qualche musicista tra di voi...io ho suonato cover dei Rh per anni, ho avuto diversi gruppi, questo è il mio ultimo progetto... tra le mie personali influenze oltre ovviamente ai RH metto anche Sigur Ros (in quel brano si dovrebbe sentire) , Sonic Youth, Smiths, Beatles, Bowie, i Velvet Underground, U2, Pavement, Cure e molti altri... :roll:
  21. Essendo nuovo di questi lidi (ma per nulla digiuno di Radiohead...), vorrei tastare un pò il terreno. fra le canzoni finora inedite proposte dal gruppo sin dagli esordi, quale è la vostra preferita? Io sono indeciso tra Lift e Big Ideas, due canzoni dal potenziale straordinario che, chissà per quale oscuro motivo, il gruppo non ha ancora ritenuto degne di essere registrate ufficialmente e pubblicate. qual'è la vostra? I promise? True love waits? Big Boots? o altre?
  22. anche io ho comprato httt oggi, mi ero stoicamente rifiutato di scaricare gli mp3 (anche se devo confessare che un paio di trasgressioni le ho fatte ) Per quel che mi riguarda bastano solo 2 canzoni per indicare la caratura di questo disco: quella di apertura e quella di chiusura. già da sè valgono il prezzo del cd. l'ho ascoltato tutto il giorno, non mi è ancora del tutto entrato sottopelle, sebbene molte canzoni le conoscevo grazie ai live in spagna dello scorso anno (salamanca, che concerto!). non riesco a dire molto attualmente, sono in fase di studio... per certo posso dire che si tratta di un disco di cui si parlerà molto a lungo... :wink: i ragazzi si divertono, e questo si sente. ma a quanto ha recentemente detto Thom sul NME, non illudiamoci...fra un paio d'anni i Radiohead potrebbero essere del tutto irriconoscibili 8)
×
×
  • Create New...