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Vorrei un inversione a U


SpecialOne

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quali sono vostri più grandi ripensamento?

dove è che sentite di aver sbagliato irrimediabilmente a tal punto da desiderare di ritornare indietro al momento di vostra scelta?

Io dovevo rimanere a Inter (l'altra sera avevo pure maglietta neroazzura durante grande finale di mondiale)...

yo me manca :bye:

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io non capisco poi tutta questa esigenza di conseguire una laurea - che con il 3+2 è stata irrimediabilmente declassata a mero corso post-diploma, per altro. con tutti le professioni urgenti che reclamano braccia aduse alla fatica: idraulici, elettricisti, contadini, artigiani e saltimbanchi; non vedo proprio l'utilità di iscriversi ad un corso che decreterà certamente l'impossibilità di entrare nel mondo del lavoro. arrancano quelli iperspecializzati e competenti, figurarsi le mezzeseghe.

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io non capisco poi tutta questa esigenza di conseguire una laurea - che con il 3+2 è stata irrimediabilmente declassata a mero corso post-diploma, per altro. con tutti le professioni urgenti che reclamano braccia aduse alla fatica: idraulici, elettricisti, contadini, artigiani e saltimbanchi; non vedo proprio l'utilità di iscriversi ad un corso che decreterà certamente l'impossibilità di entrare nel mondo del lavoro. arrancano quelli iperspecializzati e competenti, figurarsi le mezzeseghe.

Tra l'altro, in termini statistici si può dire senza temere smentita che questa affermazione vale per una larghissima maggioranza.

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io non capisco poi tutta questa esigenza di conseguire una laurea - che con il 3+2 è stata irrimediabilmente declassata a mero corso post-diploma, per altro. con tutti le professioni urgenti che reclamano braccia aduse alla fatica: idraulici, elettricisti, contadini, artigiani e saltimbanchi; non vedo proprio l'utilità di iscriversi ad un corso che decreterà certamente l'impossibilità di entrare nel mondo del lavoro. arrancano quelli iperspecializzati e competenti, figurarsi le mezzeseghe.

Perché spesso l'università è la scelta più comoda, più ignava, se vuoi; un ottimo scudo dietro al quale ripararsi per sei o sette anni, soprattutto se paga papà.

Poi, per quanto mi riguarda, quel pezzo di carta è una condizione necessaria per continuare nella strada della ricerca, e allo stesso tempo un corso come quello che frequento mi ha dato, e mi darà, competenze e conoscenze che non avrei potuto ottenere in nessun'altro modo.

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io non capisco poi tutta questa esigenza di conseguire una laurea - che con il 3+2 è stata irrimediabilmente declassata a mero corso post-diploma, per altro. con tutti le professioni urgenti che reclamano braccia aduse alla fatica: idraulici, elettricisti, contadini, artigiani e saltimbanchi; non vedo proprio l'utilità di iscriversi ad un corso che decreterà certamente l'impossibilità di entrare nel mondo del lavoro. arrancano quelli iperspecializzati e competenti, figurarsi le mezzeseghe.

Tra l'altro, in termini statistici si può dire senza temere smentita che questa affermazione vale per una larghissima maggioranza.

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Perché spesso l'università è la scelta più comoda, più ignava, se vuoi; un ottimo scudo dietro al quale ripararsi per sei o sette anni, soprattutto se paga papà.

ecco, appunto. la maggioranza delle persone che si diplomano oggi, se si fosse iscritta solo una decina di anni fa, non avrebbe avuto gli strumenti conoscitivi e metodologico per completare un percorso di studi universitari.

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il conseguimento della laurea quindi avrebbe il solo fine di entrare nel mondo del lavoro? non è forse un'opinione un tantino utilitaristica?

Sarà forse la mia mente di ventiduenne parzialmente irrazionale che mi porta a pensare ciò, ma non c'è anche una componente di crescita formativa e culturale nel voler intraprendere degli studi?

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io non capisco poi tutta questa esigenza di conseguire una laurea - che con il 3+2 è stata irrimediabilmente declassata a mero corso post-diploma, per altro. con tutti le professioni urgenti che reclamano braccia aduse alla fatica: idraulici, elettricisti, contadini, artigiani e saltimbanchi; non vedo proprio l'utilità di iscriversi ad un corso che decreterà certamente l'impossibilità di entrare nel mondo del lavoro. arrancano quelli iperspecializzati e competenti, figurarsi le mezzeseghe.

Ovviamente non so quanto possa valere in generale, mi riferisco a un paio di casi di cui son venuto a conoscenza: stesso lavoro, con la laurea/senza laurea, la differenza di stipendio c'è (e in un caso è sui 1000 euro, mensili). Alla fine una laurea può servire anche per questioni monetarie.

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ecco, appunto. la maggioranza delle persone che si diplomano oggi, se si fosse iscritta solo una decina di anni fa, non avrebbe avuto gli strumenti conoscitivi e metodologico per completare un percorso di studi universitari.

"la colpa è del 3+2"

(che, retoricismi a parte, è stato davvero una tragedia. Nel migliore dei casi, quello striminzito-di contenuti, soprattutto-papiro che chiamano Triennale è pressoché inutile, al massimo buono per fregiarsi di un titolo che è quasi carta straccia. Nel peggiore, è la causa e la prova che, nel campo degli studi, 3+2 non fa assolutamente 5)

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il conseguimento della laurea quindi avrebbe il solo fine di entrare nel mondo del lavoro? non è forse un'opinione un tantino utilitaristica?

Sarà forse la mia mente di ventiduenne parzialmente irrazionale che mi porta a pensare ciò, ma non c'è anche una componente di crescita formativa e culturale nel voler intraprendere degli studi?

anche per l'entrata nel mondo del lavoro. e poi la "crescita formativa e culturale", con l'attuale ordinamento degli studi, è pura retorica. conosco gente non laureata molto più colta e formata di tanti laureati. quello che voglio dire è che, se si intende soprattutto coltivare l'aspetto "spirituale" della propria persona, allora è sufficiente un buon liceo, in quanto ti fornisce già - o dovrebbe - gli strumenti per "edificarti" in autonomia. io ho lavorato qualche anno come tutor metodologico all'università, assistendo gli studenti in difficoltà. bene, ti posso assicurare che il gap culturale e, appunto, metodologico rispetto a una quindicina di anni fa è immenso, incolmabile. per questo ti dico che l'università attuale, a parte qualche eccezione, è solo un'azienda che si barcamena con problemi di bilancio, e che per far quadrare i conti propina specchietti per le allodole agli ignari studenti. determinante, pertanto, è anche la scelta della sede universitaria.

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però ormai mi pare che per accedere alla stragrande maggioranza delle professioni non strettamente "artigianali" o "fisiche" sia richiesta sempre e comunque la laurea. Voglio dire, "ai miei tempi", cioè una ventina di anni fa, quando mi sono diplomata, c'era ancora la possibilità di fermarsi dopo le superiori e scegliere tra varie professioni, compresi anche alcuni settori dell'insegnamento. Mi sembra che ora questo non sia praticamente più possibile.

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anche per l'entrata nel mondo del lavoro. e poi la "crescita formativa e culturale", con l'attuale ordinamento degli studi, è pura retorica. conosco gente non laureata molto più colta e formata di tanti laureati. quello che voglio dire è che, se si intende soprattutto coltivare l'aspetto "spirituale" della propria persona, allora è sufficiente un buon liceo, in quanto ti fornisce già - o dovrebbe - gli strumenti per "edificarti" in autonomia. io ho lavorato qualche anno come tutor metodologico all'università, assistendo gli studenti in difficoltà. bene, ti posso assicurare che il gap culturale e, appunto, metodologico rispetto a una quindicina di anni fa è immenso, incolmabile. per questo ti dico che l'università attuale, a parte qualche eccezione, è solo un'azienda che si barcamena con problemi di bilancio, e che per far quadrare i conti propina specchietti per le allodole agli ignari studenti. determinante, pertanto, è anche la scelta della sede universitaria.

ecco, su questo sono totalmente d'accordo. Dal mio parziale e ristretto angolino di osservazione, ho constatato che ormai chi esce da giurisprudenza e intraprende la professione legale generalmente non sa scrivere in italiano.

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anche per l'entrata nel mondo del lavoro. e poi la "crescita formativa e culturale", con l'attuale ordinamento degli studi, è pura retorica. conosco gente non laureata molto più colta e formata di tanti laureati. quello che voglio dire è che, se si intende soprattutto coltivare l'aspetto "spirituale" della propria persona, allora è sufficiente un buon liceo, in quanto ti fornisce già - o dovrebbe - gli strumenti per "edificarti" in autonomia. io ho lavorato qualche anno come tutor metodologico all'università, assistendo gli studenti in difficoltà. bene, ti posso assicurare che il gap culturale e, appunto, metodologico rispetto a una quindicina di anni fa è immenso, incolmabile. per questo ti dico che l'università attuale, a parte qualche eccezione, è solo un'azienda che si barcamena con problemi di bilancio, e che per far quadrare i conti propina specchietti per le allodole agli ignari studenti. determinante, pertanto, è anche la scelta della sede universitaria.

posso essere parzialmente d'accordo sul gap culturale fra gli studenti di oggi e quelli di quindici anni fa. Anche se, data la mia età, non posso esserne direttamente testimone ma solo affidarmi alle dicerie di questa opinione comunque abbastanza diffusa.

Invece non sono d'accordo sulla capacità del liceo di fornire gli strumenti per coltivare una propria cultura. Nonostante l'università che frequento non sia fra le più rinomate e stimate d'Italia, penso che mi abbia dato dei mezzi sia per ampliare le mie conoscenze che per creare in me uno spirito critico per affrontare non solo lo studio di per sé, ma anche la realtà tutta (sembrerebbe retorico, ma penso che non lo sia).

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posso essere parzialmente d'accordo sul gap culturale fra gli studenti di oggi e quelli di quindici anni fa. Anche se, data la mia età, non posso esserne direttamente testimone ma solo affidarmi alle dicerie di questa opinione comunque abbastanza diffusa.

Invece non sono d'accordo sulla capacità del liceo di fornire gli strumenti per coltivare una propria cultura. Nonostante l'università che frequento non sia fra le più rinomate e stimate d'Italia, penso che mi abbia dato dei mezzi sia per ampliare le mie conoscenze che per creare in me uno spirito critico per affrontare non solo lo studio di per sé, ma anche la realtà tutta (sembrerebbe retorico, ma penso che non lo sia).

Probabilmente hai ragione: sicuramente ti conosci e sai quello che dici su di te.

Tuttavia, quando sei chiamato ad una discussione devi continuare ad essere in grado di generalizzare, che non è una brutta parola, visto che vuol dire più o meno fare affermazioni che valgano per una generalità ben definita e rappresentativa.

Credo che ti renda perfettamente conto che ciò che hai scritto non vale neanche per il 20% degli studenti.

E' chiaro che chi voglia compiere "bene" i propri studi universitari lo possa fare anche in un centro "minore" ed in un precorso di studi ritenuto genericamente facile, ma questo non è quello che succede per la maggioranza, giacché il sistema formativo non è in alcun modo selettivo.

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Invece non sono d'accordo sulla capacità del liceo di fornire gli strumenti per coltivare una propria cultura. Nonostante l'università che frequento non sia fra le più rinomate e stimate d'Italia, penso che mi abbia dato dei mezzi sia per ampliare le mie conoscenze che per creare in me uno spirito critico per affrontare non solo lo studio di per sé, ma anche la realtà tutta (sembrerebbe retorico, ma penso che non lo sia).

ci sono licei molto attrezzati in quel senso. io ci ho lavorato, anche se non proprio nelle sezioni migliori, quanto piuttosto in quelle "(e)marginali", non elitarie. quelle realtà di cui ti parlavo sono purtroppo appannaggio di pochi e ciò determina un spaccatura sociale non indifferente, come ai tempi del fascismo quando esisteva un abisso fra licei - destinati ai figli della classe dirigente - e gli istituti tecnici - per tutti gli altri.

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ci sono licei molto attrezzati in quel senso. io ci ho lavorato, anche se non proprio nelle sezioni migliori, quanto piuttosto in quelle "(e)marginali", non elitarie. quelle realtà di cui ti parlavo sono purtroppo appannaggio di pochi e ciò determina un spaccatura sociale non indifferente, come ai tempi del fascismo quando esisteva un abisso fra licei - destinati ai figli della classe dirigente - e gli istituti tecnici - per tutti gli altri.

I licei possono anche essere attrezzati, ma se poi lo studente a casa sta incollato su facebook e non studia si può fare ben poco. Anche nel mio ex liceo classico, che è uno dei più rinomati nella città, oramai sta prendendo piede questo andazzo. L'unica ricetta e coniugare qualità esogena (la struttura e gli insegnanti) e qualità endogena (la voglia e la capacità dello studente).

Scusate se ho detto una ovvietà, me ne rendo conto perfettamente!

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I licei possono anche essere attrezzati, ma se poi lo studente a casa sta incollato su facebook e non studia si può fare ben poco. Anche nel mio ex liceo classico, che è uno dei più rinomati nella città, oramai sta prendendo piede questo andazzo. L'unica ricetta e coniugare qualità esogena (la struttura e gli insegnanti) e qualità endogena (la voglia e la capacità dello studente).

Scusate se ho detto una ovvietà, me ne rendo conto perfettamente!

be' se poi uno non ha voglia di fare un cazzo, questo è un discorso che esula dall'assunto principale: se acquisisci gli strumenti ecc ecc.

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determinante, pertanto, è anche la scelta della sede universitaria.

Anche da facoltà in facoltà all'interno dello stesso ateneo ci sono differenze abissali. Ad ogni modo sono d'accordo con la Vigno, è in maggior parte un problema alla base, anche per fare il Geometra (primo esempio che mi viene in mente) c'è bisogno di una laurea ormai; c'è quindi un'ostruzione ad approcciarsi a determinati mestieri che con un diploma solo 10-15 anni fa era possibile fare.

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Confermo la tesi generale: il mio liceo era decisamente più "difficile" dell'Università di Bologna, Facoltà di Lettere, Corso di laurea in Storia Moderna e/o Contemporanea. E non vedo come la stragrande maggioranza dei laureati, con voti mai inferiori a 106 direi (ma già se non arrivi con almeno a con 107 alla tesi sei un discreto nullafacente), possa avere le capacità per formare i...vostri figli.

Allo stesso tempo, i miei amici che studiano ingegneria a Modena hanno avvertito un gap con il liceo davvero grande (ma poi quelli bravi finiscono a lavorare in Ferrari.)

Premetto che non sono un sì fine conoscitore delle possibili modalità di gestione di un ateneo, ma certo, questa apertura delle frontiere in stile Francia postbellica avrà giovato in parte alle casse dei suddetti, ma ha leso non poco al livello di insegnamento e l'"onorabilità" degli stessi. Immagino che la soluzione sarà quella di emulare in parte il modello anglosassone, aumentando le rette di alcuni atenei rendendoli così meno accessibili e stabilendo un numero chiuso di frequentanti (Regolarli in base alle esigenze del mercato del lavoro ogni tanto non farebbe male). In questo modo ci saranno università di serie A, B, C...e le lauree non avranno più lo stesso valore. Giusto? No. Ma che se pò fa'?

Riducendo le borse di studio disponibili per gli studenti meritevoli come ha fatto il governo le università però diventano più simili a dei collegi nobiliari di fine '700...aprire la gestione ai privati come in USA sarebbe un procedimento "legale" in Italia? Lo dico perché non credo che il bilancio del governo italiano, nonostante un'auspicabile avvento della sinistra...cioè, di quelli che non stan con Berlusca al governo lasci sperare in un maggiore investimento nella ricerca e nella formazione. Avvocati, aiutatemi!

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io ho fatto, "perchè ho finito", il miglior corso manageriale in italia, nella migliore università d'economia in italia (ora si può discutere etc; ma secondo me ho ragione, e la voglio far breve).

Posso dire che per i lavori a cui punto io, non sarebbe stato possibile fare altrimenti. E' altrettanto vero però che spesso, da stagista, sei trattato come un assistente e non come un prospetto.

Avendo davanti due realtà, posso dire che sto facendo di tutto per tornare a Google, ma in italia, mentre voglio scappare da L'Oreal.

Le conclusioni sono 2.

1. Sono le aziende che hanno la colpa, non l'università, almeno direttamente.

2. Le poche aziende che trattano le nuove leve come meritano, sono destinate ad accaparrarsi i migliori; e alla lunga questo creerà grandi differenze. Rendendo determinate università ancora più incisive di altre, instaurando un circolo chiuso.

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