Cesare Pavese - "Ritorno di Deola" Torneremo per strada a fissare i passanti e saremo passanti anche noi. Studieremo come alzarci al mattino deponendo il disgusto della notte e uscir fuori col passo di un tempo. Piegheremo la testa al lavoro di un tempo. Torneremo laggiù, contro il vetro, a fumare intontiti. Ma gli occhi saranno gli stessi e anche i gesti e anche il viso. Quel vano segreto che c'indugia nel corpo e ci sperde lo sguardo morirà lentamente nel ritmo del sangue dove tutto scompare. Usciremo un mattino, non avremo più casa, usciremo per via; il disgusto notturno ci avrà abbandonati; tremeremo a star soli. Ma vorremo star soli. Fisseremo i passanti col morto sorriso di chi è stato battuto, ma non odia e non grida perché sa che da tempo remoto la sorte - tutto quanto è già stato o sarà - è dentro il sangue, nel sussurro del sangue. Piegheremo la fronte soli, in mezzo alla strada, in ascolto di un'eco dentro il sangue. E quest'eco non vibrerà più. Leveremo lo sguardo, fissando la strada.