Jump to content

Radiohead e La Repubblica


Ale_T

Recommended Posts

Io direi troppo poco. . .

Dici poco perché da bravo fan ci metti tanto cuore! In quel senso, anche per me è troppo poco!

Però dai, credi davvero che sia un articolo da quotidiano nazionale? A me non sembra. E poi, c'è chi sa essre obiettivo e asciutto ma incredibilmente intenso. Lui si è perso in tante parole e alla fine risulta farraginoso.

Chiaramente è solo la mia umile opinione. Nessuna polemica, amico mio!

Peace and love

Lucy

Io non sono un fan dei Radioh ea d.

Il mio "troppo poco" era ironico, malinconico, sarcastico, acido. Solo perchè credo che un giornalista non sia nella posizione di poter parlare di una "cosa" come l'arte (e quindi dei Radiohead. . .).

Lascia che i quotidiani nazionali si occupino dello stato (LO STATO!), degli zingari e degli azzurri.

Io, più che per la libertà di stampa, sono per la libertà dalla stampa.

Peace and Love a te, Lucianelcielocoidiamanti

:prego:

Link to comment
Share on other sites

Io direi troppo poco. . .

Dici poco perché da bravo fan ci metti tanto cuore! In quel senso, anche per me è troppo poco!

Però dai, credi davvero che sia un articolo da quotidiano nazionale? A me non sembra. E poi, c'è chi sa essre obiettivo e asciutto ma incredibilmente intenso. Lui si è perso in tante parole e alla fine risulta farraginoso.

Chiaramente è solo la mia umile opinione. Nessuna polemica, amico mio!

Peace and love

Lucy

Io non sono un fan dei Radioh ea d.

Il mio "troppo poco" era ironico, malinconico, sarcastico, acido. Solo perchè credo che un giornalista non sia nella posizione di poter parlare di una "cosa" come l'arte (e quindi dei Radiohead. . .).

E' vero, non dovrebbe essere un articolo da quotidiano nazionale, ma solo perchè la musica dei Radiohead (e parlo di loro perchè di loro si parla nell'articolo) è troppo importante e vera per finire svilita su un quotidiano nazionale, tra le righe del solito mediocre articolo che dice tutto e non dice niente. Lascia che i quotidiani nazionali si occupino dello stato (LO STATO!), degli zingari e degli azzurri.

Io, più che per la libertà di stampa, sono per la libertà dalla stampa.

Peace and Love a te, Lucianelcielocoidiamanti

Wow! Quanto rabbioso impeto. Mi piace l'impeto!

Comunque, i vizi dei giornali e dei giornalisti credo di conoscerli abbastanza bene anche io. Ma esistono tanti tipi di giornalismo, con diverse funzioni. E tanti tipi di giornalisti che, come nel resto del mondo, possono essere dei coglioni o essere gente davvero davvero in gamba.

Il problema - credo - non che un articolo di arte sia su un giornale. La cosiddetta "Terza pagina" esiste per questo e io credo che sia un bene che esista.

Il fatto è che la "critica" deve essere fatta da gente competente. Che non si sbrodola in parolone, ma che fa analisi sensate, intelligenti, stimolanti. Tra chi si perde nel "solito articolo mediocre che dice tutto e non dice niente" e chi è in grado di darti quelle informazioni in più che ti permettono di creare connessioni tra la musica di cui si parla ed altre cose, che ti stimolano quella sana e bella curiosità, che ti aiutano a riflettere su aspetti che non avevi considerato e che forse sono importanti. E' questo - credo - che dovrebbe fare un critico musicale (categoria che, quando ben rappresentata, sono felicissima che esista). Non è certamente il caso di Bolelli.

E' vero che la musica, come qualsiasi forma d'arte, è qualcosa che ti piace perché ti colpisce d'impatto, ti entra in testa e ti stimola i sensi. Ma l'arte non è staccata dal mondo, né lo è l'artista. Politica, società, influenzano per forza di cose sia l'artista che i "fan". (intuisco che non ti piaccia la parola fan, ma l'uso per semplificazione, ok?)

Credo ci siano due modi per vivere l'arte. E l'uno non esclude l'altro, anzi.

- a livello istintivo, succhiando tutte le emozioni che quell'arte di dà

- a livello "scientifico", cercando di capire qual è l'input che ha spinto l'artista a creare quella cosa, così come cercando di capire tante altre connessioni tra quell'arte e tanti altri elementi, siano questi politici, storici, sociali. Prendi il punk inglese. Nasce in un momento storico particolare e non puoi decontestualizzarlo. Certo, puoi goderti le canzoni di quell'epoca anche senza starti a fare tante seghe mentali sulla Thatcher e su quello che era la società inglese in quegli anni. Ti godrai la musica lo stesso, ma secondo me perderai parte del suo significato. Una parte interessante.

D'altro canto, Thom stesso non è un artista isolato dal mondo, ma è in prima linea su tante questioni politiche e sociali. E tante sue canzoni nascono dalla realtà, dall'attualità, da quel che succede nel mondo. Alcuni possono anche godersi i radiohead per quello che la loro musica suscita. A me piace anche capire qual è stato lo stimolo e la riflessione che ha fatto nascere nella testa di Thom & co. quella canzone.

Il problema non è la stampa. Il problema sono i giornalisti! Alcuni, almeno. Ma il discorso si farebbe veramente troppo ampio...e alla fine non ce ne frega un cazzo di star qui a litigare sulla stampa, no?! ;)

Quell'articolo è mediocre. Ma sono sicura che anche a te sarà capitato di leggere degli articoli ben fatti e dire "Cazzo, che bell'articolo! Interessante, intelligente, stimolante". E poi, "Libertà dalla stampa", dici? Vivici in un mondo senza informazione. Poi ne riparliamo! Per quanto alle volte possa essere un'informazione viziata, è sempre utile....ma mica possiamo metterci a parlare anche di questo! NON NE USCIAMO PIU'!!!!!

E io devo lavorare ché, come succede da un po' di giorni, è mezzogiorno e io ancora non ho combinato niente!!!

Have a nice day!

Waldo Jeffers, niente di personale, chiaramente. E' solo un pacifico confronto. Anzi, se capiti per Roma ti offro da bere. Magari passiamo il tempo a litigare, ma sarà divertente! ;)

Ciao

Lucy

Link to comment
Share on other sites

Io direi troppo poco. . .

Dici poco perché da bravo fan ci metti tanto cuore! In quel senso, anche per me è troppo poco!

Però dai, credi davvero che sia un articolo da quotidiano nazionale? A me non sembra. E poi, c'è chi sa essre obiettivo e asciutto ma incredibilmente intenso. Lui si è perso in tante parole e alla fine risulta farraginoso.

Chiaramente è solo la mia umile opinione. Nessuna polemica, amico mio!

Peace and love

Lucy

Io non sono un fan dei Radioh ea d.

Il mio "troppo poco" era ironico, malinconico, sarcastico, acido. Solo perchè credo che un giornalista non sia nella posizione di poter parlare di una "cosa" come l'arte (e quindi dei Radiohead. . .).

E' vero, non dovrebbe essere un articolo da quotidiano nazionale, ma solo perchè la musica dei Radiohead (e parlo di loro perchè di loro si parla nell'articolo) è troppo importante e vera per finire svilita su un quotidiano nazionale, tra le righe del solito mediocre articolo che dice tutto e non dice niente. Lascia che i quotidiani nazionali si occupino dello stato (LO STATO!), degli zingari e degli azzurri.

Io, più che per la libertà di stampa, sono per la libertà dalla stampa.

Peace and Love a te, Lucianelcielocoidiamanti

Wow! Quanto rabbioso impeto. Mi piace l'impeto!

Comunque, i vizi dei giornali e dei giornalisti credo di conoscerli abbastanza bene anche io. Ma esistono tanti tipi di giornalismo, con diverse funzioni. E tanti tipi di giornalisti che, come nel resto del mondo, possono essere dei coglioni o essere gente davvero davvero in gamba.

Il problema - credo - non che un articolo di arte sia su un giornale. La cosiddetta "Terza pagina" esiste per questo e io credo che sia un bene che esista.

Il fatto è che la "critica" deve essere fatta da gente competente. Che non si sbrodola in parolone, ma che fa analisi sensate, intelligenti, stimolanti. Tra chi si perde nel "solito articolo mediocre che dice tutto e non dice niente" e chi è in grado di darti quelle informazioni in più che ti permettono di creare connessioni tra la musica di cui si parla ed altre cose, che ti stimolano quella sana e bella curiosità, che ti aiutano a riflettere su aspetti che non avevi considerato e che forse sono importanti. E' questo - credo - che dovrebbe fare un critico musicale (categoria che, quando ben rappresentata, sono felicissima che esista). Non è certamente il caso di Bolelli.

E' vero che la musica, come qualsiasi forma d'arte, è qualcosa che ti piace perché ti colpisce d'impatto, ti entra in testa e ti stimola i sensi. Ma l'arte non è staccata dal mondo, né lo è l'artista. Politica, società, influenzano per forza di cose sia l'artista che i "fan". (intuisco che non ti piaccia la parola fan, ma l'uso per semplificazione, ok?)

Credo ci siano due modi per vivere l'arte. E l'uno non esclude l'altro, anzi.

- a livello istintivo, succhiando tutte le emozioni che quell'arte di dà

- a livello "scientifico", cercando di capire qual è l'input che ha spinto l'artista a creare quella cosa, così come cercando di capire tante altre connessioni tra quell'arte e tanti altri elementi, siano questi politici, storici, sociali. Prendi il punk inglese. Nasce in un momento storico particolare e non puoi decontestualizzarlo. Certo, puoi goderti le canzoni di quell'epoca anche senza starti a fare tante seghe mentali sulla Thatcher e su quello che era la società inglese in quegli anni. Ti godrai la musica lo stesso, ma secondo me perderai parte del suo significato. Una parte interessante.

D'altro canto, Thom stesso non è un artista isolato dal mondo, ma è in prima linea su tante questioni politiche e sociali. E tante sue canzoni nascono dalla realtà, dall'attualità, da quel che succede nel mondo. Alcuni possono anche godersi i radiohead per quello che la loro musica suscita. A me piace anche capire qual è stato lo stimolo e la riflessione che ha fatto nascere nella testa di Thom & co. quella canzone.

Il problema non è la stampa. Il problema sono i giornalisti! Alcuni, almeno. Ma il discorso si farebbe veramente troppo ampio...e alla fine non ce ne frega un cazzo di star qui a litigare sulla stampa, no?! ;)

Quell'articolo è mediocre. Ma sono sicura che anche a te sarà capitato di leggere degli articoli ben fatti e dire "Cazzo, che bell'articolo! Interessante, intelligente, stimolante". E poi, "Libertà dalla stampa", dici? Vivici in un mondo senza informazione. Poi ne riparliamo! Per quanto alle volte possa essere un'informazione viziata, è sempre utile....ma mica possiamo metterci a parlare anche di questo! NON NE USCIAMO PIU'!!!!!

E io devo lavorare ché, come succede da un po' di giorni, è mezzogiorno e io ancora non ho combinato niente!!!

Have a nice day!

Waldo Jeffers, niente di personale, chiaramente. E' solo un pacifico confronto. Anzi, se capiti per Roma ti offro da bere. Magari passiamo il tempo a litigare, ma sarà divertente! ;)

Ciao

Lucy

Sono stato impetuoso?

uau. . .

Io non ho scritto che l'artista non dovrebbe occuparsi di quello che succede intorno a lui, forse mi sono lasciato fraintendere. Certo che parlare di panchinglese avrebbe meno senso tralasciando la situazione politica e sociale dell'Inghilterra di fine '70. . .come è anche interessante parlare dei Jefferson Airplane e sapere cosa è stato lo Human Be In, o parlare di Fela Kuti e sapere cosa si intende con Panafricanismo. . .

Non ho neanche espresso un giudizio morale sui giornali (non penso che sia un male il fatto che esistano). Quello che intendevo esprimere era l'inadeguatezza dei giornali nell'affrontare certi argomenti, tutto qui.

E per quanto riguarda i critici musicali, sinceramente non lo so, non so se il punto sia essere in gamba o meno, è proprio l'attività che svolgono che io trovo noiosa, cioè, il frutto della loro attività, quello che arriva a me lettore. . .da Castaldo e Assante ai quelli del Mucchio (i primi nomi che mi sono venuti in mente, senza polemica). Ormai riesco a leggere soltanto monografie e interviste, e comunque con molta fatica.

Sulla libertà dalla stampa: quella era solo una citazione di Carmelo Bene, mi piaceva, anche se forse era un po' fuori contesto. Ma il tuo invito a pensare ad un mondo senza informazione è stato alquanto paracool. . .io non so come sarebbe un mondo senza informazione, però posso dirti con certezza che il disorientamento che causa un mondo pienopienopienopieno di informazioni non mi piace affatto.

Ti dico tutto questo, ovviamente, in pis 'n uit lav.

Ah, io capito a Roma 24 ore su 24, offrimi da bere. . .

Link to comment
Share on other sites

Certo che parlare di panchinglese avrebbe meno senso tralasciando la situazione politica e sociale dell'Inghilterra di fine '70. . .come è anche interessante parlare dei Jefferson Airplane e sapere cosa è stato lo Human Be In, o parlare di Fela Kuti e sapere cosa si intende con Panafricanismo. . .

Cavolo...

io te l'avrei offerto volentieri da bere, ma dopo aver letto questo, mi tocca tirarmi indietro: sei troppo colto, farei una figuraccia! :P

Oppure decidi un argomento, così me lo preparo e tra una mesata ci vediamo per la sfida!

Link to comment
Share on other sites

Certo che parlare di panchinglese avrebbe meno senso tralasciando la situazione politica e sociale dell'Inghilterra di fine '70. . .come è anche interessante parlare dei Jefferson Airplane e sapere cosa è stato lo Human Be In, o parlare di Fela Kuti e sapere cosa si intende con Panafricanismo. . .

Cavolo...

io te l'avrei offerto volentieri da bere, ma dopo aver letto questo, mi tocca tirarmi indietro: sei troppo colto, farei una figuraccia! :P

Oppure decidi un argomento, così me lo preparo e tra una mesata ci vediamo per la sfida!

Ma no, mi sono inventato tutto. . .

Link to comment
Share on other sites

volete capire il nuovo mondo sintonizzatevi sui Radiohead

Repubblica — 17 giugno 2008  pagina 1  sezione: MILANO

Se volete comprendere le sensibilità, le lunghezze d' onda, gli stati d' animo del nuovo mondo avanzato e dei giovani umani che lo abitano, lasciate perdere analisi sociologiche e interpretazioni filosofiche: ascoltate piuttosto i Radiohead. Ascoltate i Radiohead anche se del nuovo mondo avanzato volete sentire la musica migliore: il loro In Rainbows è una delle più grandi imprese sonore di ogni epoca. SEGUE A PAGINA XII Se poi volete avventurarvi nella nuova frontiera del mercato e del consumo, anche lì ci sono loro, i Radiohead, con il loro coraggioso esperimento di vendere In Rainbows in rete a offerta libera, scompigliando e reinventando tutte le regole del marketing. Perché oltre a essere una band raffinatissima e sperimentale che - come succede soltanto nella più appassionante cultura pop - diventa oggetto di culto ampio se non di massa, i Radiohead impersonano innanzitutto un particolare prototipo antropologico. No, nessuna delle classiche categorie: niente trasgressione né nichilismo, e tantomeno qualche nuova moda o fenomeno di costume. Nei Radiohead si rispecchiano quelle fanciulle e quei ragazzi (di ogni età) che non stanno in nessun gruppo, quelli meno plateali e più indefinibili. Nella musica dei Radiohead ci sono quegli esseri umani ipersensibili che più di ogni altro vivono le meraviglie e le lacerazioni di un mondo che negli ultimi dieci anni è mutato più che nei mille precedenti, quelli che - nell' esistenza quotidiana, nel lavoro, nelle relazioni personali - provano a inventarsi da sé la propria nuova identità. è una musica instabile per un' umanità instabile in un mondo instabile, sempre in bilico fra inquietudine e forza, fra connessione e individualismo, fra senso di spaesamento e senso di enormi opportunità. A questo modello di vita tanto avanzato quanto irrisolto i Radiohead trasmettono - è questa la quintessenza della loro credibilità - il coraggio di essere autentici, di presentarsi senza difese. Non si tratta né di intrattenimento né di avanguardia, stasera e domani all' Arena, non di uno stile né di un altro. C' è semplicemente una band che è se stessa in tutta la sua pienezza, per migliaia di altri se stessi in condivisione: il suono, il metabolismo, il senso stesso del nuovo mondo avanzato e globale. - FRANCO BOLELLI

Non sò se qualcuno l'ha già postato.

Che ne pensate?

credo, e dico credo, che questo articolo sia mediocre per due semplici motivi:

1 se il lettore non conosce i radiohead, giunto alla fine dell'articolo, dei radiohead non saprà ancora un bel niente di niente.

2 se il lettore conosce i radiohead e magari è un fan della band, alla fine si sentirà catalogato proprio al contrario di quel che l'autore afferma nell'articolo: nuovo mondo avanzato (ammesso che in italiano significhi qualcosa, se me lo tiri in ballo poi me ne devi parlare...), "quelle fanciulle e quei ragazzi (di ogni età) ... quelli meno plateali e più indefinibili... ipersensibili".

Altra cosa " In Rainbows è una delle più grandi imprese sonore di ogni epoca. "

Perchè? Non me lo spiega. "questo modello di vita tanto avanzato quanto irrisolto " ancora con questo "avanzato"... ma cos'è un modello di vita avanzato e irrisolto? io non lo capisco... nè lui me lo spiega.

"Non si tratta né di intrattenimento né di avanguardia". Ah no? almeno dimmi perchè...

Insomma, gli hanno dato il compitino e lui l'ha svolto. Male.

Link to comment
Share on other sites

credo, e dico credo, che questo articolo sia mediocre per due semplici motivi:

1 se il lettore non conosce i radiohead, giunto alla fine dell'articolo, dei radiohead non saprà ancora un bel niente di niente.

2 se il lettore conosce i radiohead e magari è un fan della band, alla fine si sentirà catalogato proprio al contrario di quel che l'autore afferma nell'articolo: nuovo mondo avanzato (ammesso che in italiano significhi qualcosa, se me lo tiri in ballo poi me ne devi parlare...), "quelle fanciulle e quei ragazzi (di ogni età) ... quelli meno plateali e più indefinibili... ipersensibili".

Altra cosa " In Rainbows è una delle più grandi imprese sonore di ogni epoca. "

Perchè? Non me lo spiega. "questo modello di vita tanto avanzato quanto irrisolto " ancora con questo "avanzato"... ma cos'è un modello di vita avanzato e irrisolto? io non lo capisco... nè lui me lo spiega.

"Non si tratta né di intrattenimento né di avanguardia". Ah no? almeno dimmi perchè...

Insomma, gli hanno dato il compitino e lui l'ha svolto. Male.

Appunto!

L'articolo, al di là dell'essere bello o brutto, ha un errore di fondo: non è un articolo, non è una recensione, non è niente se non una serie di considerazioni personali che non hanno senso di esistere su un quotidiano e che, comunque, risultano farraginose e un po' banali.

Poi ognuno ha diritto di dire la sua, anche Bolelli, ma mi piacerebbe leggere qualcosa di più interessante sul quotidiano più venduto in Italia.

Bravo Paranodroid/Kid B, sono orgogliosa di te!

Waldo Jeffers, appena hai avuto il timore di non scroccare più da bere, ti sei fatto umile umile eh! ;)

(A me Castaldo e Assante piacciono! Dai, le lezioni di Rock all'auditorium erano belle.)

Buona serata a tutti

Link to comment
Share on other sites

Perché oltre a essere una band raffinatissima e sperimentale che - come succede soltanto nella più appassionante cultura pop - diventa oggetto di culto ampio se non di massa, i Radiohead impersonano innanzitutto un particolare prototipo antropologico. No, nessuna delle classiche categorie: niente trasgressione né nichilismo, e tantomeno qualche nuova moda o fenomeno di costume. Nei Radiohead si rispecchiano quelle fanciulle e quei ragazzi (di ogni età) che non stanno in nessun gruppo, quelli meno plateali e più indefinibili. Nella musica dei Radiohead ci sono quegli esseri umani ipersensibili che più di ogni altro vivono le meraviglie e le lacerazioni di un mondo che negli ultimi dieci anni è mutato più che nei mille precedenti, quelli che - nell' esistenza quotidiana, nel lavoro, nelle relazioni personali - provano a inventarsi da sé la propria nuova identità. è una musica instabile per un' umanità instabile in un mondo instabile, sempre in bilico fra inquietudine e forza, fra connessione e individualismo, fra senso di spaesamento e senso di enormi opportunità. A questo modello di vita tanto avanzato quanto irrisolto i Radiohead trasmettono - è questa la quintessenza della loro credibilità - il coraggio di essere autentici, di presentarsi senza difese.

contrariamente a molti di voi, a me questa descrizione piace tanto e condivido ogni parola.

poi l'inizio dell'articolo e' oggettivamente un po' esagerato.

Link to comment
Share on other sites

il concetto di non appartenenza ad una categoria ti impone di far parte della categoria stessa, senza contare che pone in maniera nascosta i propri appartenenti su un piano superiore agli altri, come se il non facente parte di nessun gruppo fosse migliore di chi fa parte del gruppo metal, punk o emo.

O tutti facciamo parte di una qualche categoria o nessuno è così stereotipato da farne parte.

una di queste due scelte è accettabile.

considerarsi estranei alle catogorizzazioni, mentre gli altri ne fanno parte è un atteggiamento supponente. a parer mio.

Link to comment
Share on other sites

O tutti facciamo parte di una qualche categoria o nessuno è così stereotipato da farne parte.

una di queste due scelte è accettabile.

considerarsi estranei alle catogorizzazioni, mentre gli altri ne fanno parte è un atteggiamento supponente. a parer mio.

Quoto.

Nel mondo in cui siamo oggi credo sia difficile, se non impossibile, sfuggire ad una categorizzazione di massa.Che poi ognuno di noi nel profondo è convinto di essere la "scheggia impazzita" che salverà il mondo è un altro discorso.

Ascoltando i RH fai sempre e comunque parte di un certo cerchio e non mi si venga a dire che li ascolta solamente l'"anarchico della vita".

Link to comment
Share on other sites

articolo un po' troppo elogiativo,senza dubbio. la parte sui giovani che ascoltano i rh non mi dispiace poi tanto...però, a confronto di questo bel pezzo che scrisse covacich, sempre su repubblica, mi pare dopo l'arena.

"Esiste un piacere che confina con il ribrezzo? Se esiste - e io credo di sì - ascoltare i Radiohead fa quest' effetto. Il piacere di accarezzare le piume di un cigno. Il piacere di non sentire più il piede quando si informicola. Il piacere di infilare le dita tra le labbra di un cane. Il piacere di uscire dal sonno disgustati: " Ieri mi sono svegliato succhiando un limone" ("Everything in its right place"). C' è una doppiezza irriducibile nella loro musica. E' un rock a tratti anche molto melodico. Non stride, eppure fa venire i brividi. Non martella, eppure fa mancare il fiato.

Basta assaggiare mezzo minuto della voce di Thom Yorke per capire cosa intendo. Yorke ha la faccia asimmetrica e la sua voce ha quella stessa asimmetria: è sinistra, mancina, ipnotica, piena di strusciamenti e passi falsi. E come la peggiore delle sirene, nessuno, credo, riuscirebbe a sottrarsi dalla sua seducente sgradevolezza ( ad eccezione di coloro che chiedono alla musica rassicurazione e conforto). L' ambivalenza della melodia è amplificata poi, raddoppiata ancora, dalla paradossalità dei testi. Quelli sulla materialità immateriale del mondo-ipermercato, su ciò che è così reale (c' è qualcosa di più reale della merce?) da apparire ideale, come in "Fake Plastic tree": " Lei ha comprato da un uomo di gomma un innaffiatoio di plastica verde per una pianta cinese finta in una città piena di piante finte di un pianeta di plastica". Quelli sull' inadeguatezza, sull' estraneità anche da se stessi - unica vera forma di appartenenza alla vita - come in "Creep": "Che diavolo ci sto a fare io qui, questo non è il mio posto". Oppure, complementari a questi, quelli di "Kid A", quasi una morale stoica sulla sciocchezza ingombrante del proprio protagonismo, con relative istruzioni per scomparire totalmente: "Quello lì non sono io, questo non sta succedendo. In un attimo me ne sarò andato".

Non so voi, ma a me pare tutt'altra pasta...

Link to comment
Share on other sites

il concetto di non appartenenza ad una categoria ti impone di far parte della categoria stessa, senza contare che pone in maniera nascosta i propri appartenenti su un piano superiore agli altri, come se il non facente parte di nessun gruppo fosse migliore di chi fa parte del gruppo metal, punk o emo.

O tutti facciamo parte di una qualche categoria o nessuno è così stereotipato da farne parte.

una di queste due scelte è accettabile.

considerarsi estranei alle catogorizzazioni, mentre gli altri ne fanno parte è un atteggiamento supponente. a parer mio.

non è che io, il quale non appartengo a nessuna categoria, sono figo...

sono loro, che aderiscono acriticamente a delle mode (vuote),ad essere rincoglionitissimi!!

Link to comment
Share on other sites

il concetto di non appartenenza ad una categoria ti impone di far parte della categoria stessa, senza contare che pone in maniera nascosta i propri appartenenti su un piano superiore agli altri, come se il non facente parte di nessun gruppo fosse migliore di chi fa parte del gruppo metal, punk o emo.

O tutti facciamo parte di una qualche categoria o nessuno è così stereotipato da farne parte.

una di queste due scelte è accettabile.

considerarsi estranei alle catogorizzazioni, mentre gli altri ne fanno parte è un atteggiamento supponente. a parer mio.

piu' che la parte sulle categorie, che e' qualcosa di molto adolescenziale e personalmente nella mia testa non mi interessa piu', mi sono ritrovato molto in queste parole:

è una musica instabile per un' umanità instabile in un mondo instabile, sempre in bilico fra inquietudine e forza, fra connessione e individualismo, fra senso di spaesamento e senso di enormi opportunità

e non mi pare che qui ci sia nessuna supponenza!

Link to comment
Share on other sites

credo, e dico credo, che questo articolo sia mediocre per due semplici motivi:

1 se il lettore non conosce i radiohead, giunto alla fine dell'articolo, dei radiohead non saprà ancora un bel niente di niente.

2 se il lettore conosce i radiohead e magari è un fan della band, alla fine si sentirà catalogato proprio al contrario di quel che l'autore afferma nell'articolo: nuovo mondo avanzato (ammesso che in italiano significhi qualcosa, se me lo tiri in ballo poi me ne devi parlare...), "quelle fanciulle e quei ragazzi (di ogni età) ... quelli meno plateali e più indefinibili... ipersensibili".

Altra cosa " In Rainbows è una delle più grandi imprese sonore di ogni epoca. "

Perchè? Non me lo spiega. "questo modello di vita tanto avanzato quanto irrisolto " ancora con questo "avanzato"... ma cos'è un modello di vita avanzato e irrisolto? io non lo capisco... nè lui me lo spiega.

"Non si tratta né di intrattenimento né di avanguardia". Ah no? almeno dimmi perchè...

Insomma, gli hanno dato il compitino e lui l'ha svolto. Male.

SONO D ACCORDO CON TE AL 100%!!!!hai centrato anche il mio pensiero

Link to comment
Share on other sites

secondo me è sbagliato il concetto di fondo invece

i radiohead non sono associabili a nessuna corrente musicale almeno dal post ok computer

sono semplicemente da un'altra parte e in un altro periodo

ed è questa la loro grandezza secondo me, sono trasversali

:prego:

Link to comment
Share on other sites

Create an account or sign in to comment

You need to be a member in order to leave a comment

Create an account

Sign up for a new account in our community. It's easy!

Register a new account

Sign in

Already have an account? Sign in here.

Sign In Now
  • Recently Browsing   0 members

    • No registered users viewing this page.
×
×
  • Create New...