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Pearl Jam


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  • 3 weeks later...

Avevano bisogno di un po’ di leggerezza, i Pearl Jam, e l’hanno trovata. Dopo anni passati ad affrontare la rabbia di trovarsi in un paese che non riconoscevano più, e a trasferire questi sentimenti in musica, hanno provato un’altra via. Anche perché nel frattempo gli Stati Uniti sono cambiati, non c’è più Bush e c’è Obama. E anche se quest’ultimo ha ormai terminato la sua luna di miele con il paese, la musica che gira intorno da quelle parti sta lentamente cambiando.

“Backspacer” è il segno dei tempi, è la maturità che non perde l’incanto della giovinezza. Maturità discografica, innanzitutto, perché è il primo disco di studio totalmente indipendente: autoprodotto, in Europa è curato da Universal, ma in patria è distribuito con un mix di accordi commerciali che è molto distante dalla scelta totalmente autonoma dei Radiohead. Se funzionerà, questo mix creerà un precedente importante per altre band dello stesso calibro.

Ma anche maturità musicale: perché la band ha fatto una scelta molto netta, per “Backspacer”: brevità e sintesi, innanzitutto: 37 minuti scarsi, canzoni che vanno dritte al punto. E poi una varietà di suoni, una leggerezza musicale che gli ultimi album non hanno avuto. Così compaiono addirittura gli archi, in “Just breathe” (un gioiello, figlia diretta della colonna sonora di “Into the wild”) e in “The end”, le uniche due ballate. Non è un caso che i Pearl Jam abbiano richiamato in servizio Brendan O’Brien, negli ultimi anni è stato impegnato soprattutto a dare una rispolverata al suono di Springsteen. O' Brien non lavorava con la band dai tempi di “Yield - probabilmente il disco più bello della loro discografia “recente”, anche se è ormai del 1998. La sua presenza e la sua mano sono, come spesso accade, sinonimo di un tocco di ‘classic rock’; per alcuni, quindi, comportano un effetto normalizzatore, per i più critici rappresentano perfino una sordina; nella fattispecie hanno, probabilmente, la funzione di cucire l’eredità e lo spirito punk del gruppo con i ‘fondamentali’ del rock and roll, regalando all’album quella necessaria coerenza che i vent’anni di carriera della band reclamano.

Molte canzoni, così, sembrano il “solito” rock alla Pearl Jam (ce ne fossero…). Invece prendono direzioni strane: aperture pop (“The fixer”), accelerazioni irregolari (“Got some”), un tono epico alla U2 (“Force of nature”). Pur senza tradire le proprie origini, i Pearl Jam, a questo giro hanno pescato dal power pop, dalla new wave, insomma i suoni delle band che i membri della band hanno probabilmente ascoltato da ragazzini… La leggerezza è in parte anche lirica, come dimostra quel “Yeah, yeah, yeah” di “The fixer”, e come sottolinea l’assenza di accenni alla politica, almeno non diretti. Questa è una svolta all’insegna della semplificazione per i Pearl Jam: i testi sono rivolti all’amicizia, alle relazioni e al ‘grunge’ di tutti i giorni (“Got some” ne è un esempio, con i suoi cenni alla dipendenza dalla droga) anziché ai grandi temi politico-sociali, e Vedder e soci scelgono di consegnarli con ritmo, rabbia e insolenza invece che con la solennità dei più recenti capitoli. Il risultato è che “Backspacer” – pur nella ovvia continuità – suona notevolmente diverso dagli ultimi dischi. Che, diciamolo, hanno fatto fatica a superare la prova del tempo. Certo, negli ultimi 10 anni, da “Binaural” in poi, i Pearl Jam hanno scritto grandi canzoni, alcune che sono rimaste e rimarranno. Ma se proprio vogliamo trovare un difetto a “Backspacer” è il dubbio su quanto le canzoni supereranno la prova del tempo. Alcune (oltre a “The fixer” e “Just breathe”, aggiungiamo “Amongst the waves”, tipico mid-tempo alla PJ) lasciano sicuramente il segno.

Il disco, nel complesso, è compatto, con un buon andamento, con una bella accelerazione iniziale seguita da variazioni di ritmo, come nella selvaggia “Supersonic”. E’ un disco coraggioso: potrebbe attirare ascoltatori prima spaventati dall’aggressività un po’ cupa di certe canzoni, ma anche alienare parte del seguito ‘core’ del gruppo. “Backspacer” non è spensierato, ma lo sono certamente i Pearl Jam orfani di Bush che, più o meno consciamente, associano la rinnovata speranza per il loro paese all’epoca in cui la speranza era per loro un sentimento più naturale, ovvero a un tempo pù barricadiero per la loro musica, all’inizio di un’avventura in cui per Eddie Vedder un concerto assomigliava più a una surfata che a una ballata. Essenziale, veloce, pare perfetto per un viaggio in macchina. Un viaggio breve, si intende. In attesa di capire meglio il posto che occuperà nella discografia della band.

(Giampiero Di Carlo/Gianni Sibilla)

Fonte: Rockol.it

Tra qualche giorno scriverò anche io un mio pensiero sul disco.

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Due parole su Backspacer dopo un ascolto di una settimana: mi piace. E' un disco prodotto bene (altro che Pearl Jam, la differenza di produzione si sente eccome) e suonato alla grande. I pezzi sono (quasi) tutti all'altezza, eccetto The Fixer che proprio non mi va giù.

Per il resto i pezzi scivolano via che è un piacere tra un omaggio a Into The Wild (Just Breathe) e pezzi tirati (Got Some, Supersonic).

Sicuramente superiore a Pearl Jam, sullo stesso livello di Binaural.

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Ciao!devo premettee che i pearljam sono assieme ai radiohead l'unica band che mi fa correre al negozio di dischi il giorno dell'uscita dell'album, che mi fa prenotare sempre anche i vinili sulla fiducia e che mi fa sempre e comunque comprare almeno 2 biglietti per live diversi quando arrivano in italia o vicino..detto ciò sono felice che eddie&co. continuino a sfornare dischi perchè significa che potrò tornare a vederli live!!certo però che le ultime produzioni non sono all'altezza delle prime.Le canzoni belle ci sono sempre i suoni mi piacciono ma il classic rock dei pearl gratifica non sorprende più.Sono lontani i tempi dei riff epocali, degli assoli hendrixiani di mike (qui non ce n'è nemmeno uno!!) etc. ma le canzoni ci sono. la voce di eddie c'è.e i testi anche a mio parere!dunque..GRANDI PEARLJAM!!sopravvivete agli anni novanta come solo i grandi sanno fare. PEARLJAM E RADIOHEAD due band diversissime ma..IMPRESCINDIBILI!!

ah voglio sapere la vostra su quest'idea che mi son fatto però..moltissimi veri fan dei pearljam (es. il sottoscritto) amano moltissimo anche i radiohead ma il contrario è moooolto più raro!!PERCHè???!!

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  • 2 weeks later...
  • 1 year later...
  • 4 months later...
  • 5 months later...

I Pearl Jam hanno diffuso la tracklist della colonna sonora di "Twenty", il documentario diretto da Cameron Crowe che festeggia i loro vent'anni di carriera. La compilation, che è divisa in due dischi, è composta da 15 registrazioni dal vivo sul primo disco e da altre 15 b-side, demo e rarità sul secondo. "Twenty official soundtrack" sarà pubblicato il 19 settembre, il giorno prima che il documentario sia mostrato nei cinema. Il film, diretto dal regista di "Almoust famous" Cameron Crowe, è stato ricavato da 1.200 ore di video rari e raccoglie interviste con la band e testimonianze della sua attività live lungo tutti questi anni.

Le celebrazioni per i vent'anni di carriera di Eddie Vedder e soci però, come già riportato da Rockol, non si fermano qui: il 12 settembre sarà messo in commercio anche il libro "Pearl Jam Twenty", scritto da Jonathan Cohen con Mark Wilkerson e arricchito dai contributi di Bruce Springsteen, Neil Young, Dave Grohl e altri.

"Twenty official soundtrack" conterrà le seguenti canzoni:

(Cd 1)

'Release'

'Alive'

'Garden'

'Why Go'

'Black'

'Blood'

'Last Exit'

'Not For You'

'Do The Evolution'

'Thumbing My Way'

'Crown Of Thorns'

'Let Me Sleep'

'Walk With Me'

'Just Breathe'

(Cd 2)

'Say Hello 2 Heaven'

'Times Of Trouble'

'Acoustic #1'

'It Ain’t Like That'

'Need To Know'

'Be Like Wind'

'Given To Fly'

'Nothing As It Seems' (Demo version)

'Nothing As It Seems' (Live version)

'Indifference'

'Of The Girl'

'Faithfull'

'Bu$hleaguer'

'Better Man'

'Rearviewmirror'

fonte: rockol.it

Non vedo l'ora di vedere il documentario! :dance:

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  • 4 weeks later...
  • 1 month later...

Appena terminata la visione di Twenty, ottimo documentario sulla carriera dei PJ.

Vengono approfondite le origini della band e soprattutto i primi tre dischi.

I difetti sono: zero spazio lasciato a No Code e nessunissima intervista a Dave Abruzzese, per me il miglior drummer nella storia della band.

Per il resto emozioni a gogo (il successo, Kurt, Roskilde, Bush, Ticketmaster) in quella che io considero il giusto tributo alla più grande rock band vivente.

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  • 1 month later...
  • 1 month later...

Alla fine ho preso il biglietto per la seconda serata di Amsterdam, 27 giugno, così torno giusto giusto per il doppio Radiohead e mi faccio il più bel regalo che potessi immaginare per il mio 40esimo compleanno. I miei due gruppi preferiti in una settimanaaaaa!!!

Sono troppo felice! Immagino di suscitare il disinteresse generale ma è una di quelle cose che bisogna pur dire a qualcuno!!!!

Olè

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Alla fine ho preso il biglietto per la seconda serata di Amsterdam, 27 giugno, così torno giusto giusto per il doppio Radiohead e mi faccio il più bel regalo che potessi immaginare per il mio 40esimo compleanno. I miei due gruppi preferiti in una settimanaaaaa!!!

Sono troppo felice! Immagino di suscitare il disinteresse generale ma è una di quelle cose che bisogna pur dire a qualcuno!!!!

Olè

dove li hai trovati? io ho provato un paio di volte ma ormai mi dà tutto esaurito... :(

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