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Musica classica & all his friends.


TomThom

Il vostro musicista preferito è...?  

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  1. 1. Il vostro musicista preferito è...?

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Bella domanda. :lol:

Ne avrei bisogno anch'io: tre anni fa ho iniziato a studiarmela partendo dal 1500, e sono andato come un treno finché non ho incontrato il tardo/post-romanticismo (Bruckner, Richard Strauss, Mahler), e lì mi sono fermato. Mi sono spinto avanti solo per Shostakovich, un po' perché è su quel solco, un po' perché senza barba siamo identici. Ho dato una annusatina alle avanguardie (il Wozzeck di Berg, qualcosa di Schoenberg e Webern, Stravinskij), ma non mi sono mai spinto oltre. Ho comprato un libro bellissimo che suggerisco a tutti (The Rest is Noise di Alex Ross) che parla proprio della musica colta novecentesca (e ci butta dentro anche Greenwood e i Radiohead), che ho finito una volta troppo velocemente, e alla prima rilettura seria (= con tanto di cuffie per ascoltare ciò di cui tratta nei vari audio samples che il tizio ha messo sul sito) ho dovuto mettere in disparte perché entrando al dottorato mi si è brutalmente ridotto il tempo libero.

In sintesi: avrei bisogno anch'io di suggerimenti. O meglio, avrei bisogno del tempo libero per studiarmi seriamente quel libro, che al contempo è il suggerimento migliore che possa fornire.

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On 8/6/2016 at 4:25 PM, pandroid said:

Beccatevi (Wanderer, dico a te) gli 11 minuti con cui inizia la musica moderna. Ci sono più cose nelle quattro ore del Tristano e Isotta che in tutti i 300 anni precedenti di storia della musica.

 

Senza voler nulla togliere alla portata rivoluzionaria di questo immane capolavoro (e ci mancherebbe), mmi sembra un'affermazione un po' troppo perentoria e ingenerosa nei confronti dei giganti che hanno preceduto il sommo Richard.

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Ne approfitto: mini guida alle mie due sinfonie preferite.

2) Shostakovic, Sinfonia no. 5 in Re minore, 1937.

Ad aprile 1937 Shostakovich era sostanzialmente un uomo morto, o quasi. Le purghe staliniste avevano colpito parenti, amici, maestri. La Pravda l'aveva distrutto, accusandolo di non essersi adattato ai modelli classici ed eroici propugnati dal socialismo reale, anzi, di essersi messo appresso ai filoni d'avanguardia, o addirittura a fare satira attraverso la rappresentazione di Lady Macbeth del distretto di Mcensk, con Stalin stesso che a Natale del 1935 si alzò disgustato alla fine del terzo atto. Il Partito gli aveva puntato addosso il mirino: o scrivi qualcosa che ci piace, semplice, diretto, trionfale, o sei il prossimo. Ritirò quindi la quarta sinfonia (che non sarebbe mai piaciuta all'intellighenzia, la pubblicò solo dopo la morte di Stalin), e iniziò a lavorare alla quinta, pressato, in cammino pericolosissimo su un filo, da una parte piacere al Partito e salvarsi la vita, dall'altra conservare la propria indipendenza artistica e politica, facendosi beffe della dittatura. Insomma, quello che fece Montale sotto il fascismo, che riuscì a fottere tutti raggirando la censura con poesie estremamente critiche verso il regime. Il risultato fu clamoroso. Mezz'ora di ovazione, riabilitato agli occhi del Partito, che pur confuso alla fine si convinse di aver assistito a una celebrazione del socialismo reale, soddisfatto dai richiami romantici della sinfonia e offuscato dalla pomposità del quarto movimento; ma come Shostakovic scrisse all'epoca in lettere private, quel movimento "è come venire presi a bastonate da uno che ti dice - devi gioire! devi rallegrarti! - e tu sei costretto ad alzarti malconcio e dire - giosco! mi rallegro! -"). Punto più alto: il terzo movimento, un Largo. Intriso di disperazione e lacrime per i parenti e gli amici morti nelle purghe, e rabbia per la condizione in cui si è trovato costretto a comporre. 

Shostakovic si salvò la vita, e continuò a camminare sul filo fino alla morte di Stalin. Poi riversò tutto il suo odio e disprezzo in cinque minuti, nel secondo movimento della 10ma sinfonia.

1) Bruckner, Sinfonia no. 8 in Do minore (ed. Haas), 1890.

(Preferibilmente Karajan. Mai Celibidache (troppo lento) o Bernstein.)

Anton Bruckner è stato uno strano figuro che ha composto tutto ciò per cui viene ricordato dopo i 60 anni, l'esatto opposto di praticamente tutti gli altri compositori della storia dell'umanità, enfant prodigue o quasi. Ha scritto solo nove sinfonie (11 contando anche un paio di esperimenti scartati), uno sfacelo di musiche sacre, della roba didattica per gli studenti del conservatorio di Vienna, stop. Non stava a posto con la testa, aveva un rapporto ossessivo con la Fede, sentiva l'esigenza di contare le foglie cadute dagli alberi, e per salvarlo dal mondo la Curia austriaca gli diede il posto di organista nel monastero di St. Florian. Era di una ingenuità disarmante, umile tra gli umili, incerto, un po' banderuola in un tornado. Se io, quindi uno stronzo qualsiasi, l'avessi incontrato per strada dicendogli che avrei cambiato un paio di cose di una sua sinfonia, lui si sarebbe chiuso per un mese nella sua stanza a dare seguito al mio consiglio. Passò più tempo a correggere le sue sinfonie che a scriverle: una questione famosa è il problema di Bruckner, riferita al fatto che delle sue sinfonie esistono millemila versioni diverse, per via dei continui cambiamenti, tagli, aggiustamenti fatti nel tempo. Non lasciò niente delle ultime 50/60 battute della nona (e il Finale solo abbozzato) perché stava correggendo la sesta. "Metà uomo semplice, metà Dio". Wagneriano di ferro, apprezzato da Wagner stesso, con il quale una volta si andò a sbronzare fino a dimenticare quale delle sue sinfonie in lavorazione gli piacesse (era la terza, che infatti gli dedicò), di lui si dice che compose le sinfonie che Wagner, dedito quasi esclusivamente alla produzione operistica, mai scrisse. Proprio per questo, venne massacrato dalla antiwagneriana critica viennese, che si organizzo per rendere un incubo le sue prime, subissandole da fischi e risa fino alla 7° (il cui Adagio è dedicato alla memoria del grande Richard), quando ormai Bruckner aveva saltato a pie' pari la linea di demarcazione tra le opere normali e i Capolavori. La sua produzione è un clamoroso crescendo, dalla dimenticabile 1° alle indescrivibili 8° e 9°, ogni volta sempre meglio.

L'8° dura un'ora. Non è come la (stupenda) Sinfonia del Nuovo Mondo di Dvorak, che è immediata e catchy. Richiede pazienza, tempo e ascolti. E' una serie continua di ripetizioni e contraddizioni, grandi climax e grandi vuoti, fino ad arrivare al Finale, dove Bruckner, ispirato da Beethoven, trova il coraggio di fare un riepilogo. L'inizio dell'ultimo movimento della celeberrima nona di Beethoven alterna frasi del violoncello che accennano al tema dell'Inno alla Gioia, a richiami dei primi tre movimenti, come a dire: questo è quello che avete sentito finora; bene, allacciate le cinture, adesso arriva il pezzo forte. Ma quello di Beethoven è un riepilogo orizzontale: in sequenza ripercorre la sinfonia fino ad arrivare all'ultimo movimento. Quello di Bruckner è un riepilogo verticale: negli ultimi tre minuti di sinfonia sono sovrapposti contemporaneamente temi, idee ritmiche e rimandi dei primi quattro movimenti, facendo sfoggio di una tecnica contrappuntistica (Bruckner era un organista) impareggiabile in ambito sinfonico. Voleva fare lo stesso con la nona, percependo di essere prossimo alla fine, terminando la sinfonia con un inno composto da sovrapposizioni dei temi più importanti di tutte le sue sinfonie. La chiosa conclusiva di una carriera unica. Ah, se solo non si fosse amminchiato con la correzione della sesta.

(fate attenzione a cosa succede tra 1:34 e 4:22. Il Paradiso.)

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