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Dudu Tassa & Jonny Greenwood - Jarak Qaribak


@li

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Ho una cotta per questo album.
Esitavo a comprare i biglietti per la data di Parigi, ma sticazzi. Obbligatorio.

Il bridge di Djit Nishrab con il coro femminile, il synth (di Nigel? roba che viene dagli Ultraísta e Reaktor, questa) su Ahibak, il groove da Atoms For Arabia di Ya 'Anid Ya Yaba, la bruttissima ritmica intenzionale di Jan al-Galb Salik... :cera:
Sbavo.

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Sto cercando di contenermi, perché l'ho ascoltato solo due volte e perché Jonny mette a dura prova la mia obiettività, ma sto disco mi sembra un gioiellino.

Canzoni tradizionali reinterpretate, interpretazioni notevoli, arrangiamenti lussureggianti che mischiano tanto - corde, fiati, bassi, percussioni con synth, drum machines scrause, chitarre, piano... - ma con un equilibrio invidiabile, ogni svolta è una sorpresa. Ah, e una sensibilità pop niente male!

Bravi tutti...

Due appunti: ottima l'idea di introdurre ogni brano con la voce e il filtro da radio che dice il nome dell'interprete, fa appunto da effetto "stazione radio"

Ascoltato il disco, trovo bellissima anche la copertina, mi rimanda proprio a quei dischi di musica araba degli anni 70 che raramente arrivavano da noi (per intenderci, quelli che David Byrne, Jon Hassell e Brian Eno hanno trafugato).

Su Jonny io sinceramente non so più che dire. Non è tanto il fatto che amo tutto quello che fa, cosa che vale poco; è proprio il fatto che ha un talento e gusto superiori... Passa di progetto in progetto ma li marchia tutti con una sensibilità che è appannaggio di pochi.

Unica roba, Jonny: ho capito che adoro Steve Reich ma cambia suono ogni tanto 😂 piazza Electric Counterpoint ovunque.

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Ah, Nigel impeccabile, come al solito. Il disco respira da solo. 

Suono più bello? Il pianoforte filtrato della seconda traccia...come si interseca col flauto (?); che poi non capisco se è un bansuri o no. Mi sembra simile a quello di Kalandar su junun.

C'è anche una traccia dub (la quarta :D)

 

sugli arrangiamenti di sto disco si potrebbe discutere per settimane....

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Un disco splendido.

La bellezza di Junun era vibrante e estatica, in Jarak Qaribak tutto è invece avvolto dalla sensualità e dal mistero.

Si tratta di un disco più cerebrale rispetto alla precedente collaborazione con Shy Ben Tzur: con i Rajasthan Express erano canzoni originali arrangiate e registrate dal vivo, qui invece c'è un lavoro certosino di re-immaginazione di pezzi altrui. Possiedo le versioni originali di alcuni di questi brani e posso dire che la re-intepretazione effettuata qui è straordinaria. Capisco molto di più, adesso, la metafora utilizzata da Grenwood sui Kraftwerk al Cairo negli anni '70 (che detta così pareva la solita cazzata sparata da chi utilizza un po' di elettronica e invece un senso ce l'ha).

Jarak Qaribak è il classico album che si svela a poco a poco, dove la messa a fuoco dei dettagli (veramente tantissimi e tutti notevoli) permette di allargare lentamente l'inquadratura e di godere dell'intero disegno nella sua piena luce e prospettiva.

I brani sono tutti belli, si passa da momenti più pop a brani ritmicamente e melodicamente più complessi. Ho apprezzato moltissimo la "riduzione" dell'arrangiamento dei brani che erano stati anticipati nella versione del Live at the Hamam (che erano, in un certo senso, più simili all'impatto sonoro dei Rajasthan).

Al momento, se dovessi scegliere i pezzi che mi hanno colpito maggiormente, menzionerei il brano di apertura e chiusura del disco. "Djit Nishrab" è di una bellezza che toglie il fiato, una canzone che serpeggia sinuosa nel limbo tra eros e morte. "Jan al-Galb Salik" compie ad un certo punto un avvitamento e si trasforma in una marcia moresca che ricorda il Miles Davis di "Sketches of Spain".

Jarak Qaribak è un disco che si schiude come una primavera mediterranea, tanti piccoli fiori che si nascondono nella macchia ma che avvicinandosi mostrano tutta la loro bellezza inebriando l'olfatto con l'ammaliante varietà e stratificazione delle musiche e delle culture che hanno attraversato (e attraversano) il Mare Nostrum. Un disco dichiaratamente non politico che però, nei fatti, trasmette un messaggio molto chiaro che colpisce la mente e i sensi.

Per me un album che va dritto nella top list dei dischi dell'anno, e anche a mani basse.

PS: che Jonny Grenwood fosse il più grande musicista vivente penso fosse cosa nota a questa board ma ritengo doveroso dare credito anche a Dudu Tassa.

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Io sono rimasto sopreso di una cosa, quando ho letto i credits: le linee di basso (belle piene, aggressive, e funkettose) sono suonate da Tassa e non da Jonny:o

Tipo nella seconda traccia, con che arroganza entra quel basso elettrico? Top. 

L'ho ascoltato a rotella in questo weekend, mi piace molto. Ci sarebbe molto da scrivere a livello musicale.

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Boh, mi ha deluso... nonostante gli sforzi di Tassa e Jonny di creare qualcosa di contaminato, la musica suona ancora tradizionale, comunque più tradizionale di quello che mi aspettavo di sentire.

Disco onesto, ma nulla più, come quelli di Phil. 

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2 hours ago, Wanderer said:

Io sono rimasto sopreso di una cosa, quando ho letto i credits: le linee di basso (belle piene, aggressive, e funkettose) sono suonate da Tassa e non da Jonny:o

Tipo nella seconda traccia, con che arroganza entra quel basso elettrico? Top. 

L'ho ascoltato a rotella in questo weekend, mi piace molto. Ci sarebbe molto da scrivere a livello musicale.

Bellissime :clapclap:

Il basso è sicuramente l'elemento o uno degli elementi che mi ha colpito di più in senso positivo :afro:

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Sentiamo un po' un pezzo di sto disco. Il secondo brano. 

 

00.04: La figura di pianoforte discendente è molto bella per iniziare, sembra quasi Debussiniana nel ritmo, ma il suono della scala usata è assolutamente mediorientiale. Ottimo il suono di pianoforte: sembra quasi scordato, ma il filtro applicato lo rende più secco e sembra uscito da una polverosa cantina. Sotto si sente un bordone di organo synth che suggerisce un'atmosfera di sospensione
Già qui le immagini sonore sono ben definite...

0.22: Parte il tema, suonato all'unisono tra flauto (credo che sia un bansuri, ma non ne sono sicuro) e oud (il liuto arabo per eccellenza). Interessante notare come nel canale sinistro ci sia una chitarra che fa da contrappunto, molto ben gestita. Con un suono molto pulito, si insinua nelle trame tra flauto e oud, creando un primo scontro, molto delicato tra oriente e occidente...Anche il fatto che durante l'ascolto di questo primo tema, la chitarra rimanaga fissa a sinistra, mi suggerisce qualcosa. Vuole stare li, senza farsi notare troppo, quasi un puntello sulla melodia principale. Melodia che è arabissima, purtroppo non so dirvi che scala sia.

00.40 Inizia a cantare un tizio (in ogni brano c'è un diverso cantante, e anche qui la melodia è molto sinuosa, volteggiante. Notate che gli accenti vocali sono molto distribuiti, poi gli arabi hanno questo modo di pronunciare certe lettere che sembrano quasi un gorgheggio. La voce in questo segue la melodia, perchè rimanda anch'essa a questa sensazione di danza molto leggera, ipnotica. Flauto e oud tacciono (il flauto finisce il tema un po' più "lungo" ed è un bel effetto) e rimane solo la chitarra, che già a 00.50 si sposta verso l'altro, creando molto movimento intorno alla voce, non ricopiando quanto avevano fatto oud e flauto nel tema

00.59 Strofa: Entra un basso cattivissimo e agressivissimo, questa roba mi ha spiazzato. E' un suono super "crunchy" e aggiunte un'altra linea melodica sotto la chitarra (che ne sta facendo un altra) e la voce. Questo intersecarsi di roba, con queste due linee melodiche che si intersecano e che paiono mattoncini che si uniscono in pila crea molto movimento sulla melodia vocale che, anche se si ripete, in realtà con il fatto che tutto intorno a lei sta cambiando, sembra muoversi anche lei. uesa è una cosa che Greenwood fa spesso e credo sia un lascito della sua passione per il minimalismo americano. A livello ritmico, notare come il basso non entri nel primo tempo della battuta, spiazzando un bel po'. Anche qui, ci sento molto Greenwood, dato che i Radiohead lo fanno spesso.

1.10: Il gioco va avanti, ma si aggiunge sotto d nuovo il synth organo, che riemerge dalle nebbie dopo la sua prima, fugace apparizione all'inizio. Anche questo crea movimento, facendo in modo che il giro, che si ripete ed è arrangiato per soli due strumenti, non annoi.

1.14: Rientra il tema di Oud e flauto ma questa volta parte con due note in "steccato" che sono leggermente diverse da quelle del primo tema. Inoltre mi paiono, anche qui, fare lo stesso giochetto del basso e partite non sul primo battere di battuta. Il tema quindi si ripete, ma iniziando diversamente, aggiunge ancora un elemento in più in un panorama che sembra uguale. Ma l'orecchio se ne accorge che non è cosi.. si sta muovendo tutto, molto lentamente.

1.34: Strofa 2 Finisce il tema con una piccola variazione del synth che sotto nel finale, si alza di "tono", ancora per dare un po' di variazione) e la melodia vocale può proseguire, stavolta accompagnata non solo dalla chitarra (sempre a sinistra nel panning), ma anche con il basso che, con grande arroganza si prende la scena sotto la voce, ascoltandosi sotto la voce. Ovviamente il fatto di sentire delle frequenze basse cosi a nudo, cambia lo spettro acustico rispetto alla prima strofa. Inoltre ritorna anche il pianoforte sempre con quel filtro meraviglioso) che accenta il giro solo in alcuni accordi, accumulando la tensione solo su quelli e, ancora, dando l'impressione che qualcosa cambi ad ogni tot. Non capisco se gli accordi del piano siano pari pari a quelli del giro di chitarra o se siano in "controcanto", boh. Purtroppo non è il mio pane... ma l'effetto è bello.

1.42: Entra il loop ritmico, anche qua: altro elemento che si aggiunge agli altri a mano a mano, come mattoncini. E ovviamente il ritmo non segue gli accenti di quello del basso: va ad incastro. La figura infatti è tutta diversa, ma ci sono due tre appoggi dove basso e loop si fondono. Non andando di pari passo insieme, aggiungono ancora movimento.

2.00: Figata di passaggio armonico del pianoforte, che "abbassandosi" cambia completamente la scena con un accordo, inscurendo per pochi secondo il panorama. Cambia anche il suono: niente più filtro, suono più naturale, ma solo per due frasi molto brevi.

2.06: Riparte il tema, ancora con il giochetto ritmico di cui alla seconda ripetizione. Ma qui si aggiunge anche il basso e il pianoforte inizia a fare delle figure molto brevi di quattro note, a corredo. Svanisce il cambio di prima, si ritorna ad una sensazione di volteggio, quel momento di tensione di pochi secondi è passato e si è "risolto".
Si nota anche una sovraincisione di flauto molto discreta sotto il tema, che fa note basse; non c'erano nei temi precedente

2.26: Ancora ua strofa, ma questa volta a fare la parte del leone nell'accompagnamento è il synth, con un gro molto bello che, anche lui, si inscurisce improvvisamente. Sentite che figata, nella sua semplicità, la progressione da 2.30 a 2.42, in particolare il drammatico accordo a 2.34. Il giro di synth è bellissimo!

Poi si ripete il tema all'unisono tra oud e flauto, e poi coup de thatre:
a 3.00: rimangono improvvisamente soli, nudi, scoperti, come mamma li ha fatti solo voce e loop percussivo. Cosi, di botto, tutti i mattoncini che avevamo messo prima, vengono tolti di brutto. Siamo disorientati, dobbiamo abituarci al nuovo ambiente; e siamo in apnea per un po'. E questa apnea NON si risolve. Il brano rimane li, finisce con questa sensazione di sospensione solo parzialmente mitigata dal riverbero e dall'eco piazzato sulla voce, ce la fa apparire come n richiamo distante e fuori dal tempo.

Ecco!

PS. Mix sopraffino, gli strumenti respirano come se fossero vivi.

 

 

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