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verdena


bobbymilk

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paul e linda fenomenale...

tra l'altro prima volta che l'ho ascoltata stavo correndo al buio (5 e 30 del mattino) vicino a un passaggio a livello e grazie al suono dei piatti nel riff ho creduto che stesse per passare il treno...

poi ho sentito lo stesso suono in piena campagna al riff successivo e ho collegato che era la musica😃

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Parere mio, ma dopo 3 disconi (Endkadenz lo considero un unico progetto alla fine) sento questo come il primo momento in cui si sono assestati su un certo equilibrio, senza stravolgersi. Allo stesso tempo mancano quei guizzi (soprattutto melodici) e aperture che davano ai pezzi degli album vecchi quella catarsi fondamentale, soprattutto a livello emotivo. Ci sono pezzoni in questo Volevo Magia, ma sembrano quasi b-sides di pezzi vecchi - qualcuno nei commenti precedenti aveva detto una cosa come Derek con polvere e secondo me siamo su quella scia -. 

 

Però sticazz, sono degli artigiani incredibili questi 3 ragazzi. Ci si può solo sedere e ascoltare e imparare. E scommetto che in live questi pezzi divertiranno parecchio.

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Non ho ancora sentito il disco, ma ho letto questo e sono preoccupato 

https://www.sentireascoltare.com/recensioni/verdena-volevo-magia/

Nel complesso la formula si conferma efficace, eppure c’è qualcosa che non va, oggi più di ieri. Pare infatti che queste canzoni si impegnino più che altro a delimitare un territorio, un luogo. A rimarcare uno scarto, un’alienazione premeditata. Sembra un modo insomma per scavare il fossato così da poter dire: “noi”. 

Una missione comprensibile anzi apprezzabile in un tempo che identifica il motore di ogni espressione (o sedicente tale) nelle connessioni, nelle condivisioni, nei featuring a pioggia, nei mille varchi con cui tutto sembra implicato con tutto. Ma questa urgenza di costruirsi un’alterità inespugnabile e al tempo stesso porosa non si consuma senza effetti indesiderati, a partire da uno strisciante squilibrio tra forma e sostanza. 

Queste canzoni infatti sono agglomerati di segni, spremute di nervi, concrezioni di attitudini. Fanno pensare a camere arredate da un designer piromane ma hanno tutta l’aria di essere disabitate, il che le rende abbastanza interessanti ma – appunto – solo abbastanza

Non aiutano certo ad aumentare il peso specifico della proposta – della sostanza – i testi e la voce, che sembrano rinculare al periodo anni Zero: la barra della narrazione sembra tornata in mano allo stesso adolescente di allora, quello che non ha intenzione di uscire dal piumone, più o meno soliti – mutatis mutandis – il disorientamento, la fragilità, le ossessioni, l’introversione ottundente, l’ermetismo onanista, la potenza volatile di quel simbolismo farraginoso. Se tutto questo aveva senso quasi un quarto di secolo fa, oggi assume (inevitabilmente) un retrogusto di innocuo, di ingenuo, di involuto. 

Il tempo, che notoriamente è un bastardo, sembra avere messo questi tre ex-ragazzi di fronte a uno specchio di cui non sanno elaborare del tutto il riflesso. Sono bravi, anzi sono sempre più bravi, capaci di plasmare la materia batterica, visionaria ed esplosiva del rock (compresi i contagi folk, soul, funk…) con ingegno, potenza, lucidità e sacrosanta noncuranza. Ma le loro canzoni non dovrebbero limitarsi a questo. Non possono essere solo ginnastica sonora per depistare il disagio, per rimarcare la cappa pastosa di una peraltro ambigua non appartenenza. Oppure sì, ma sarebbe un segnale ben triste per loro, per il rock, per tutti noi.

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Vero. La voce in molti pezzi è mixata dietro dietro. Meglio perché alcuni testi sono allucinanti. ( Tranne qualche passaggio bello )

comunque oltre Graham Coxon a tratti e a più riprese più che il solito stoner dei Queens of the stone age ci sento pochissimo la psichedelia e onestamente sembra spesso l’ultimo ( passato sotto traccia ma bellissimo ) album di Jack White

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On 9/27/2022 at 12:06 PM, Lacatus said:

 

Nel complesso la formula si conferma efficace, eppure c’è qualcosa che non va, oggi più di ieri. Pare infatti che queste canzoni si impegnino più che altro a delimitare un territorio, un luogo. A rimarcare uno scarto, un’alienazione premeditata. Sembra un modo insomma per scavare il fossato così da poter dire: “noi”. 

Una missione comprensibile anzi apprezzabile in un tempo che identifica il motore di ogni espressione (o sedicente tale) nelle connessioni, nelle condivisioni, nei featuring a pioggia, nei mille varchi con cui tutto sembra implicato con tutto. Ma questa urgenza di costruirsi un’alterità inespugnabile e al tempo stesso porosa non si consuma senza effetti indesiderati, a partire da uno strisciante squilibrio tra forma e sostanza. 

Queste canzoni infatti sono agglomerati di segni, spremute di nervi, concrezioni di attitudini. Fanno pensare a camere arredate da un designer piromane ma hanno tutta l’aria di essere disabitate, il che le rende abbastanza interessanti ma – appunto – solo abbastanza

Non aiutano certo ad aumentare il peso specifico della proposta – della sostanza – i testi e la voce, che sembrano rinculare al periodo anni Zero: la barra della narrazione sembra tornata in mano allo stesso adolescente di allora, quello che non ha intenzione di uscire dal piumone, più o meno soliti – mutatis mutandis – il disorientamento, la fragilità, le ossessioni, l’introversione ottundente, l’ermetismo onanista, la potenza volatile di quel simbolismo farraginoso. Se tutto questo aveva senso quasi un quarto di secolo fa, oggi assume (inevitabilmente) un retrogusto di innocuo, di ingenuo, di involuto. 

Il tempo, che notoriamente è un bastardo, sembra avere messo questi tre ex-ragazzi di fronte a uno specchio di cui non sanno elaborare del tutto il riflesso. Sono bravi, anzi sono sempre più bravi, capaci di plasmare la materia batterica, visionaria ed esplosiva del rock (compresi i contagi folk, soul, funk…) con ingegno, potenza, lucidità e sacrosanta noncuranza. Ma le loro canzoni non dovrebbero limitarsi a questo. Non possono essere solo ginnastica sonora per depistare il disagio, per rimarcare la cappa pastosa di una peraltro ambigua non appartenenza. Oppure sì, ma sarebbe un segnale ben triste per loro, per il rock, per tutti noi.


Una delle recensioni più fastidiose, supponenti e sterili che io abbia visionato negli ultimi tempi.

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Mai ascoltato i Verdena. Mi è arrivato all orecchio, appena uscito, il singolo e devo dire che mi è piaciuto parecchio. Ho ascoltato l'album da vergine totale (non ho idea di cos'abbiano fatto prima, non è mai scattata la scintilla) e devo dire che lo trovo un LP davvero godibile, scorre via nella sua compattezza in maniera perfetta, non è mai banale e ti invita al riascolto per identificare particolari che si svelano poco a poco, di volta in volta. Da profano direi quantomeno INTERESSANTE.

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Dopo una settimana di ascolti che a quantizzarli sono pari a 5/6 di cui la metà abbastanza accorti ho un'idea mia generale dell'album. Per i voti, ci penserò più in là. 

Volevo Magia è sicuramente un album nato vecchio, sembra uscito da una cantina prove impolverata degli anni 90. Probabilmente è l'album meglio prodotto da Alberto Ferrari, inoltre credo che ci sia ufficialmente riuscito a mixare la voce praticamente al pari degli altri strumenti. 

Stilisticamente mi vengono in mente queste coordinate: 
Endkadenz frullato a Wow. Sottrai la psichedelia e togli il fuzz anche nel caffè e mettici l'esperienza. Ricordati in più che hai fatto anche roba come Requiem e addirittura Il suicidio del samurai ( già quello era nato in coda, ma è da lì che hanno preso quel sapore stantio di anni novanta che si sente in quest'album )

I soliti Smashing Pumpkins e i Queens of the stone age in dosi variabili, sopratutto nei pezzi più heavy/ignoranti. Non ci sento da nessuna parte, mai come questa volta, Battisti. Non so veramente cosa faccia dire a moltissimi che c'è Battisti, perché io credo fermamente che sia molto debitore di alcuni stilemi chitarristici di Graham Coxon (Blur) e soprattutto ci sento i Supergrass (loro e il loro frontman Gaz Coombes sono uno dei gruppi più sottovalutati di sempre, non scherziamo). 
Inoltre molti pezzi sembrano affini a Fear of the dawn di Jack White (album godibile uscito quest'anno, divertente)

Quando Ferrari disse che è un album "sereno ma rassegnato" ha esattamente fotografato il mood di Volevo Magia. Secondo me è il loro album più felice, infatti. Anche nei pezzi più abrasivi non c'è quella cupa disperazione di una volta. 

Pezzi sì: 
Chaise Longue, Paul e Linda, Pascolare, Crystal Ball, Sui Ghiacciai, X sempre assente, Sino a Notte

Il resto potrebbero salire, tranne Volevo Magia che poteva durare anche 1 minuto e mezzo e che quindi penso che si attesta a peggiore dell'album. 

 


 

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41 minutes ago, Lacatus said:

Primo ascolto: mi sembra una raccolta di outtakes dei loro precedenti album. 

Mi dispiace. 

Nei Rami comunque mi ha distrutto :bye: Maledetti.

Ci avrei giurato. 
per le outtakes, per il dispiacere e per Nei Rami (che a me sembra un buon pezzo riuscito a metà)

Comunque ti aspetto tra 3/4 mesi. 

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Anche per me il primo ascolto era stato deludente, a parte l'ottima produzione che si nota subito. E invece migliora passo dopo passo. Magari non a livello dei loro migliori lavori ma comunque un buon album con alcuni passaggi di assoluto livello. Forse pecca dal punto di vista melodico ma c'è tanta energia. 

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11 minutes ago, dreambrother said:

Anche per me il primo ascolto era stato deludente, a parte l'ottima produzione che si nota subito. E invece migliora passo dopo passo. Magari non a livello dei loro migliori lavori ma comunque un buon album con alcuni passaggi di assoluto livello. Forse pecca dal punto di vista melodico ma c'è tanta energia. 

Infatti finora per me è meglio di Endkadenz

(e dei primi due) 

però secondo me è un album da 7 che può passare ad un 7 e mezzo pieno. 
 

Nei loro standard (continuo a dire) che è il loro album più pop nonostante le derive ignoranti e meravigliose. 
 

Faccio una domanda:

secondo voi la produzione migliore è dovuta al passaggio al digitale, all’esperienza di Ferrari o è culo? Ahahah

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Io con i Verdena ci metto sempre anni (Requiem escluso), quindi aspetto il 2024 per dire che è bello. Di sicuro tenere il livello spettacolare degli Endkadenz è difficile, ma come dicevo io gli Endkadenz ho iniziato ad apprezzarli nel 2019, quindi non faccio testo.

Finora spiccano solo Dialobik e Sui Ghiacciai.

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per me la chiave di volta del disco é "Sui ghiacciai".

 

 

mi pare che l´ha scritto principles, é vero, il disco sembra un tuffo negli anni 90, ma per me non é necessariamente un punto dolente. Secondo me il problema che stanno avendo molti recensori é che ci si aspettava un nuovo cambiamento nel loro sound. E niente, ormai pure loro hanno passato i 40, non credo debbano sempre re-inventarsi. È chiaro che in questo disco giocano molto dentro delle coordinate che si sono tracciati con gli ultimi dischi, soprattutto Wow ed Endkadenz. Io non li trovo per niente prevedibili peró, anzi, a me piace molto la "rassegnazione" che traspare da questo disco. E ci sono diversi pezzi davvero notevoli, a partire da questa Sui ghiacciai, che a me pare uscita da the bends. Mi ha centrato in pieno come un camion contromano, cappottato.  

Comunque, come avete giá fatto notare, il disco é pieno di trucchi di produzione e suoni nascosti. Qui per dire ci hanno lasciato dentro una specie di richiamo dell´assiolo 🦉

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25 minutes ago, jimy84 said:

per me la chiave di volta del disco é "Sui ghiacciai".

 

 

mi pare che l´ha scritto principles, é vero, il disco sembra un tuffo negli anni 90, ma per me non é necessariamente un punto dolente. Secondo me il problema che stanno avendo molti recensori é che ci si aspettava un nuovo cambiamento nel loro sound. E niente, ormai pure loro hanno passato i 40, non credo debbano sempre re-inventarsi. È chiaro che in questo disco giocano molto dentro delle coordinate che si sono tracciati con gli ultimi dischi, soprattutto Wow ed Endkadenz. Io non li trovo per niente prevedibili peró, anzi, a me piace molto la "rassegnazione" che traspare da questo disco. E ci sono diversi pezzi davvero notevoli, a partire da questa Sui ghiacciai, che a me pare uscita da the bends. Mi ha centrato in pieno come un camion contromano, cappottato.  

Comunque, come avete giá fatto notare, il disco é pieno di trucchi di produzione e suoni nascosti. Qui per dire ci hanno lasciato dentro una specie di richiamo dell´assiolo 🦉

Pezzo in sè molto bello.

Ma aspettare 7 anni per sentire un disco così rivolto al passato l' ho trovato inaccettabile.

L' A Moon Shaped Pool dei Vedena.

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