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Tom Skinner


Lacatus

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10 hours ago, Lacatus said:

Me l'ero persa la versione live! 

Ricordiamo che gli strumentisti sono gli stessi che suonano in ALFAA :dance:

La versione live ha Skinner su drums/percussion, Tom Herbert on acoustic bass, Kareem Dayes on cello, Chelsea Carmichael e Robert Stillman on tenor saxophone, e Paul Camo on samples. 

Manca Shabaka Kutchings che è invece tra i players nel album.

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On 8/13/2022 at 12:41 PM, Lacatus said:

Per chi volesse vedere Tom Skinner in azione coi Sons Of Kemet nel From The Basement

 

visti dal vivo per puro caso quest'estate (c'era uno sconto per chi era stato al concerto degli Snarky Puppy la settimana precedente), non sapevo onestamente neppure chi fossero. Non c'era skinner per ovvi motivi (c'era una ragazza molto brava al suo posto), ho scoperto solo dopo che ne facesse parte.

Concerto goduriosissimo, nonostante fossimo in 4 gatti.  

 

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57 minutes ago, Wanderer said:

strano, in uk tirano parecchio e la stampa indie ne parla benissimo da tanto

L'ho pensato anch'io dopo, perché in effetti ho notato che la stampa ne parla. Io francamente non li conoscevo. Ci sono andato perché avevano riservato il biglietto a 10 euro a chi era stato al concerto degli Snarky Puppy la settimana prima. 

Li ho preferiti agli Snarky, che ho trovato veramente troppo "accademici". 

Comunque ho visto diversi concerti all'anfiteatro delle Cascine e il loro è stato nettamente il meno partecipato. 

 

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14 minutes ago, kid a said:

 

Li ho preferiti agli Snarky, che ho trovato veramente troppo "accademici". 

Gli snarky sono come i gruppi di cattiva fusion: stanno li a sbrodolarsi addosso, più che fare acrobazie non lasciano nulla.

Sui Kemet già dissi la mia: personalmente non li reggo per vari motivi - cosi come non reggo questa ondata aforjazz uk, che mi pare fatta un po' a tavolino - ma questo è un problema mio, non certo loro, che fanno la loro bella musica e che sta avvicinando un bel po' di gente giovane alla musica afroamericana. 

Certo un loro concerto dev'essere divertente. Però non li amo proprio.

 

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  • 2 weeks later...
‘Voices of Bishara’ is out now! This release feels significant to me – not just because I’m proud of this record and immeasurably grateful to all involved, but as its creation coincided with a time of personal growth, and it feels like the first step of a much bigger journey

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15 minutes ago, @li said:
‘Voices of Bishara’ is out now! This release feels significant to me – not just because I’m proud of this record and immeasurably grateful to all involved, but as its creation coincided with a time of personal growth, and it feels like the first step of a much bigger journey

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Sono già in ascolto :music:  :wub: 

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Dalla newsletter di Ansaldo:

 

Tom Skinner porta buone notizie Facendo il confronto con il panorama un po’ appannato dei jazz club italiani, si prova una certa invidia a pensare alla scena jazz londinese. Sono anni che nei locali della capitale britannica, in posti come il 606 Club o il Brilliant corners, circolano musicisti e idee che hanno conquistato il mondo. Nomi come Shabaka Hutchings (leader dei progetti  Sons of KemetThe Comet Is Coming Shabaka and the Ancestors), Yussef Kamaal, Nubya Garcia e Moses Boyd sono diventati dei punti di riferimento assoluti. E poi ci sono musicisti come Tom Skinner, che magari si sono conquistati qualche titolo in meno rispetto ai colleghi ma hanno dato un contributo fondamentale alla scena. Skinner, percussionista e produttore di grande talento, ha fatto la spola tra il jazz e la musica pop: ha suonato per anni con la leggenda del jazz etiope Mulatu Astatke, ha dato un contributo fondamentale ai Sons of Kemet, ha esplorato l’elettronica con il progetto Hello Skinny e di recente si è unito a Thom Yorke e Jonny Greenwood per fondare il trio The Smile. Il 4 novembre Skinner ha pubblicato il primo album a suo nome, Voices of Bishara. Per registrarlo ha radunato il meglio della scena londinese, a partire proprio da Shabaka Hutchings e Nubya Garcia al sassofono e al clarinetto. Insieme a loro ha coinvolto Kareem Dayes (violoncello) e Tom Herbert (contrabbasso).

La fonte d’ispirazione principale di Voices of Bishara sono altri due dischi jazz: Life time di Anthony Williams e By myself del violoncellista Abdul Wadud. “L’album di Tony Williams ha innescato tutto, dandomi l’opportunità di mettere insieme questi musicisti, anche se in realtà siamo amici da anni. Ci siamo ritrovati una sera al Brilliant corners, un locale dove suoniamo spesso. Il proprietario ama il jazz, ha un impianto da audiofili e organizza queste serate che si chiamano Kind of new. Funzionano così: prima si ascolta un disco in una stanza buia, poi si fa una pausa e un gruppo di musicisti lo reinterpreta a modo suo”, racconta Tom Skinner in collegamento su Zoom da Londra. “Dopo quella serata, in cui abbiamo suonato proprio Life time, mi è venuta l’idea di mettere insieme un gruppo di amici per fare un disco, così ho cominciato a comporre. Abdul Wadud è stato una guida fondamentale, perché mi ha mostrato che ruolo poteva avere il violoncello nel mio quintetto. Ho scoperto il suo disco solista By myself durante la pandemia e l’ho ascoltato in modo ossessivo. Ho preso in prestito il titolo dall’etichetta di Wadud, la Bishara records. Mi piaceva il significato della parola bishara, che in arabo significa ‘buone notizie’ o ‘portatore di buone notizie’”. Mi sembrava il giusto titolo, soprattutto in un momento buio come questo”.

Voices of Bishara è un disco molto ispirato, che trae la sua forza da un approccio al jazz al tempo stesso classico (certi suoni riportano agli anni settanta) e contemporaneo (in brani come The journey si sentono ritmiche quasi dub). Ma qual è stato il collante tra le canzoni secondo Skinner? “La molla che fa scattare tutto è sempre la connessione umana. Quando abbiamo registrato Voices of Bishara c’era molta positività in studio, avvertivo un’intesa profonda tra di noi. Non mi va di mettere questa musica nella categoria ‘jazz spirituale’, ma penso che sia stato proprio grazie al rapporto profondo con Shabaka e gli altri che il disco sia venuto così bene”.

A proposito di rapporti umani, come stanno andando le cose con Thom Yorke e Jonny Greenwood? Gli Smile, dopo aver pubblicato nei mesi scorsi l’album A light for attracting attention e aver girato l’Europa, stanno per partire per un tour negli Stati Uniti. E, a quanto dice Skinner, hanno in cantiere anche della  nuova musica. “Con Thom e Jonny sta andando benissimo. Fare musica con loro è come avere una conversazione a tre che non si ferma mai. Stiamo tutti imparando gli uni dagli altri, e c’è ancora molto da esplorare. Il tour ci ha permesso di sviluppare al meglio la nostra identità e l’anno prossimo succederanno sicuramente delle cose. Stiamo lavorando su alcuni brani nuovi e spero che a un certo punto nei prossimi mesi torneremo in studio per registrarli. Ma al momento non posso dire altro, mi dispiace”, dice ridendo Skinner.

Parlando della scena jazz di Londra, invece, Skinner fa una riflessione: “Abbiamo raggiunto un pubblico molto più ampio, non solo nel Regno Unito ma anche nel resto d’Europa e negli Stati Uniti. Io ho qualche anno in più dei musicisti che mi hanno accompagnato in Voices of Bishara, quindi mi rendo conto che le radici di quello che sta succedendo ora risalgono a tanti anni fa, perfino alla generazione precedente alla mia. C’è stato il tempo di far evolvere la musica, di farla maturare e adattarla a un pubblico più giovane. Il Regno Unito, e Londra in particolare, è un posto fertile oggi, non solo nell’ambito jazz, perché è un posto dove s’incontrano culture e sensibilità diverse. Nella mia musica si mescolano senza distinzione la classica, il rock, il grime e l’elettronica”.

Ora che il disco è uscito, cosa bisogna aspettarsi dal progetto solista di Skinner? “Mi piacerebbe molto portarlo dal vivo, anche se non ho ancora fissato delle date. E magari passerò anche dall’Italia, perché no?”, risponde il batterista.

 

 

 

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4 hours ago, @li said:

Tom Skinner porta buone notizie Facendo il confronto con il panorama un po’ appannato dei jazz club italiani, si prova una certa invidia a pensare alla scena jazz londinese.

questo discorso è complesso e difficile da affrontare, tuttavia secondo me qui Ansaldo, con tutto il rispetto, sbaglia nella sua valutazione, perchè sta confrontando due fenomeni completamente diversi (come peraltro suggerisce lui stesso nel proseguio dell'articolo), che si muovono con logiche molto diverse. 

Segnalo che comunque Shabatka Hutchings - che è assolutamente il nome d'oro della scena nu jazz londinese - era a Vicenza jazz quest'anno :)

 

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Aggiungo, perchè non mi va l'edit, pardon 

A me il fenomeno nujazz londinese ricorda molto quello delle jam band newyorkesi di fine anni 90/2000; anche li c'era la stessa sensazione di scossone per il genere (come per altro accade ogni tot anni per il jazz); tuttavia lo apprezzo di più perchè trovo gli interpreti mediamente più maturi e interessanti, forse perchè legati di più alla radice jazzistica (quindi questo è un gusto personale).

La scena di Londra mi sembra un tiepido aggiornamento di certe istanze jazz/pop/hip hop e chi più ne ha ne metta che ha due grandi pregi:

1) rimettere in comunicazione un pubblico giovane con la musica improvvisata o strumentale, ed è davvero un grandissimo merito, per quanto mi riguarda

2) Creare musica da un melting pot, ovvero quello londinese che obiettivamente è molto intrigante. 

Tuttavia, purtroppo, non ho ancora trovato episodi davvero meritevoli di questa nuova ondata (che ogni tanto puzza anche un po' di trovata a tavolino).

Bello comunque che si stiano collegando anche alla scena di Chicago, che da anni tira in ambito alt-jazzistico (anche li, con luci ed ombre, per ciò che mi riguarda)

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1 hour ago, Wanderer said:

Ho ascoltato il primo brano e secondo me non è male, molto sandersiano (pure troppo ogni tanto..). Il secondo è un bozzetto interessante, da risentire. Il terzo - che poi è quello del video - invece lo trovo abbastanza imbarazzante. 

Sì, Bishara è jazz spirituale alla Sanders, alla Coltrane.

The Journey come mai l'hai trovata imbarazzante?

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1 hour ago, @li said:

Era un metallaro :yeah:

Picking up the drums aged nine, he was enthralled by the early 90s grunge scene and metal bands such as Napalm Death before getting hooked on jazz through experimental New York saxophonist John Zorn and free jazz pioneer Ornette Coleman: he heard the same energy in the death metal scream in Coleman’s screeching saxophone lines.

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1 hour ago, Wanderer said:

Ascoltato tutto. Disco carino dello skinnerone (a parte quella terza traccia). ;) In linea con tante produzioni IA:  lodevoli nell'idea, un po' languidi nei risultati. 

Però si respira un bel venticello jazz-nord african.dub e sticazzi

Benone! :)

Mi sento di condividere il tuo giudizio: musicalmente niente di clamoroso, ma siamo tutti contenti  :batteria:

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19 minutes ago, Lacatus said:

Benone! :)

Mi sento di condividere il tuo giudizio: musicalmente niente di clamoroso, ma siamo tutti contenti  :batteria:

per quanto mi riguarda sono dischi senza infamia e senza lode:) scorrono e fine. Purtroppo tanti dischi della International Anthem mi fanno questo effetto, idem quella della scena inglese. Ad oggi non ci vedo niente di che, se non il merito "sociale". Ma sono in netta minoranza, quindi, qualcosa di vero ci sarà pure in quello che dicono tanti. Anche se trovo i tripudi abbastanza esagerati.

Mi spiace un po' però quando, come ha scritto un giornalista preparato come Ansaldo, partendo da un presupposto legittimo -sognare che un certo tipo di musica si instradi anche in italia - finisca per piantare un nuovo immeritato chiodo nella scena jazz italiana. 

Non voglio farne una questione di snobismo o classismo, per carità, il jazz è anche questa roba qui (ovviamente!), tuttavia questi commenti finiscono per creare una spaccatura nel genere di cui non c'è bisogno, secondo me; tanto quanto i  (noiosi) commenti dei puristi. 

 

 

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4 minutes ago, Wanderer said:

Intervista a Tom su allaboutjazz - che ha recensito molto positivamente il suo disco:)

Due cose interessanti: il suo disco è stato registrato nel 2018 - esattamente quando sono nati gli Smile - e una lista di dischi da lui apprezzati

https://www.allaboutjazz.com/tom-skinner-the-son-of-kemet-moves-on-tom-skinner

Sì, c'è proprio un link tra Voices Of Bishara a ALFAA ed è oltre che in Skinner, negli altri strumentisti che troviamo in entrambi gli album. Il 2018 è stato un anno di svolta per il mondo radioheadiano, c'è poco da fare B) 

La lista dei dischi non solo è bellissima, ma contiene delle robe che avrei potuto scrivere benissimo io (si vede che siamo più o meno coetanei, ormai percepisco Tommone come uno spirito affine :) 

  • Remain In Light (la reminiscenza del video di Once In A Lifetime)
  • Live/Evil (anche per me i due pezzi di Hermeto Pascoal sono l'highlight dell'album!)
  • Axis è il primo disco di Hendrix che ho ascoltato, grazie a mio padre e pure io rimasi colpito dall'intro
     
  • ma Let It Be... Naked "è una cagata pazzesca" :D 
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