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Le nostre poesie


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Degna di Ungaretti o Montale tongue.gif

Io ieri ho riletto tutti i testi di Several Senseless Magnetic Mornings, non so come facevo a scrivere quella roba senza drogarmi, ma che cazzo passavo hail.gif eppure non riesco più a scrivere così, per fortuna o purtroppo bah

Ormai la tua vena creativa lsdenica è andata a farsi benedire, peccato. :bye:

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Visto il successo sul social network, la ripropongo qui

CIABATTA

Lo scarafaggio che borioso scorazzava

il fato senza pietà scorse

il padrone di casa non l'amava

morte cruenta lo colse

Dal colorito nerastro ad un pallore passò

senza esimersi da sofferenza

con un colpo deciso dal sapor retrò

pose fine alla sua esistenza

Non potrei mai dire cosa si prova

a passeggiar per il pavimento

con la morte prossima alcova

Si può altresì pensar decisamente

che la morte di codesto insetto

riempì la serata mia immensamente.

Molto bella. Complimenti.

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Visto il successo sul social network, la ripropongo qui

CIABATTA

Lo scarafaggio che borioso scorazzava

il fato senza pietà scorse

il padrone di casa non l'amava

morte cruenta lo colse

Dal colorito nerastro ad un pallore passò

senza esimersi da sofferenza

con un colpo deciso dal sapor retrò

pose fine alla sua esistenza

Non potrei mai dire cosa si prova

a passeggiar per il pavimento

con la morte prossima alcova

Si può altresì pensar decisamente

che la morte di codesto insetto

riempì la serata mia immensamente.

Ehh, ci siamo passati un po' tutti. :ok: Sul serio però, è proprio bella!

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  • 10 months later...

MINA

cfr. Anima

ma muoversi è meglio.

OBITORIO

Anche questa dev'esser sbagliata,

se non mi lascia dormire.

e la meno poetica del trio, ma di sicuro la più impulsiva:

WI-FI

O gestore telefonico,

impunemente il mio credito hai prosciugato

rendendomi avvilito e catatonico

nonché un bel po' incazzato.

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ok, vado.

Memorie di viaggi

Di St. Florent ricordo

una pizza mangiata al tramonto

a cinquanta metri dal mare;

di Nizza gli stretti vicoli,

il mercato dei fiori

la Promenade des Anglais dove

non c’è più il McDonald’s;

di Parigi il bateau mouche

a pelo dell’acqua della Senna

e la torre Eiffel scesa di corsa;

del Cairo i clacson di notte,

i richiami di giorno dei Muezzin

e un bambino che mi ha venduto

un pacchetto di fazzoletti per due euro

portandosi via un pezzo di me;

di Istanbul il caos e la frenesia

e lineamenti mai più visti altrove

dove oriente e occidente si fondono;

di Amman il caldo opprimente

il black out alle dieci di sera

e il sentore di una pace ancora lontana;

di Oaxaca i sapori,

la polvere delle vie di periferia,

Monte Albàn uno schiaffo alle nostre civiltà;

di San Cristobal la pioggia battente

nel canyon Sumidero, tra alligatori e avvoltoi,

e una dignità nella povertà che noi non avremo mai;

di Dubai gli ori, ovviamente, e gli sfarzi

il getto d’acqua delle docce, quasi troppo forte,

e un pesce così buono mai più mangiato;

di Hong Kong il silenzio nell’affollata metro,

il battello da un dollaro che attraversa la baia,

grattacieli che oscurano il cielo

e gente cordiale, dovunque,

e tre pizze e due birre e una coca cento Euro;

di Madrid e Barcellona

due città che non dormono mai, e

pensioni scomode, e bei musei, e

buena comida;

a Montpellier sono stato quattro mesi

e quattro giorni prima di partire mi hanno rubato il portafoglio;

a Strasburgo quattro giorni, a Londra dodici,

e ad entrambe ho promesso di tornare;

dieci capodanni nelle Dolomiti, ma

di Venezia non ricordo quasi niente,

mi ricordo meglio di Roma, o di Roselle,

o di Napoli o di Marsiglia;

la prima volta che ho visto Padova

andavo a trovare il mio babbo in ospedale

la prima volta che ho visto Firenze non saprei dire.

Eppure io sono ancora il ragazzino

che guardava intimorito le cascate dell’Arno

e Capolona, dalla strada in collina che porta

a Cenina,

che quando il sabato pomeriggio

prendeva il treno per andare ad Arezzo

pensava che fosse

il centro del mondo.

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ok, vado.

Memorie di viaggi

Di St. Florent ricordo

una pizza mangiata al tramonto

a cinquanta metri dal mare;

di Nizza gli stretti vicoli,

il mercato dei fiori

la Promenade des Anglais dove

non c’è più il McDonald’s;

di Parigi il bateau mouche

a pelo dell’acqua della Senna

e la torre Eiffel scesa di corsa;

del Cairo i clacson di notte,

i richiami di giorno dei Muezzin

e un bambino che mi ha venduto

un pacchetto di fazzoletti per due euro

portandosi via un pezzo di me;

di Istanbul il caos e la frenesia

e lineamenti mai più visti altrove

dove oriente e occidente si fondono;

di Amman il caldo opprimente

il black out alle dieci di sera

e il sentore di una pace ancora lontana;

di Oaxaca i sapori,

la polvere delle vie di periferia,

Monte Albàn uno schiaffo alle nostre civiltà;

di San Cristobal la pioggia battente

nel canyon Sumidero, tra alligatori e avvoltoi,

e una dignità nella povertà che noi non avremo mai;

di Dubai gli ori, ovviamente, e gli sfarzi

il getto d’acqua delle docce, quasi troppo forte,

e un pesce così buono mai più mangiato;

di Hong Kong il silenzio nell’affollata metro,

il battello da un dollaro che attraversa la baia,

grattacieli che oscurano il cielo

e gente cordiale, dovunque,

e tre pizze e due birre e una coca cento Euro;

di Madrid e Barcellona

due città che non dormono mai, e

pensioni scomode, e bei musei, e

buena comida;

a Montpellier sono stato quattro mesi

e quattro giorni prima di partire mi hanno rubato il portafoglio;

a Strasburgo quattro giorni, a Londra dodici,

e ad entrambe ho promesso di tornare;

dieci capodanni nelle Dolomiti, ma

di Venezia non ricordo quasi niente,

mi ricordo meglio di Roma, o di Roselle,

o di Napoli o di Marsiglia;

la prima volta che ho visto Padova

andavo a trovare il mio babbo in ospedale

la prima volta che ho visto Firenze non saprei dire.

Eppure io sono ancora il ragazzino

che guardava intimorito le cascate dell’Arno

e Capolona, dalla strada in collina che porta

a Cenina,

che quando il sabato pomeriggio

prendeva il treno per andare ad Arezzo

pensava che fosse

il centro del mondo.

Bella! Mi ha messo voglia di viaggiare. :piange:

(Hai davvero visitato tutti quei posti?)

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non ho visto nemmeno uno dei posti che hai descritto :(

però almeno posso immaginarli attraverso le tue parole

thanks :) vuol dire che almeno un po' ho "trasmesso" quel che sentivo...

però l'amore vero lo si legge quando parli del centro di Arezzo :' )

dovrei fare un po' di "esegesi" di questo mio testo, però ne svelerei il (poco) mistero che ha. ;) E comunque si, sono molto legato alle mie radici. :)

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vabbè, rilancio:

Ci Sarebbe Poesia.

E pensare che

ci sarebbe poesia

dappertutto

nel mondo.

Nei diciottenni

che fanno l’amore,

nelle donne

che aspettano un figlio,

nelle siepi curate

da un bravo giardiniere,

nelle albe d’estate

dove l’aria profuma di pane.

Ci sarebbe poesia

persino in un gol,

in una bella canzone,

in un piatto ben preparato,

una bottiglia di vino invecchiato.

Ci sarebbe poesia

anche dove

tutto questo

non c’è.

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L'insostenibilità, il fondo della tua orbita umida di un male giustificabile

il pianto è socialmente accetto,

romantico.

Sto immobile nel crudele contegno che tesse tele di vanesia cecità su ogni mia membra

sorrido, circostanziale prosaicismo - ciao mamma

lo strazio è nella mia incapacità, non nella tua imposizione.

Una guerra si combatte solo verso se stessi.

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  • 1 month later...

Premessa: non mi prendo sul serio. Non ho la benché minima pretesa di qualificare come poesia i versi informi che mi accingo a postare. Quando ero al liceo ero solito appuntare i miei pensieri, spesso sardonici e semiseri. Stronzate, in ogni caso, le avevo salvate sul vecchio Pc che si fuse portandosele via, senza troppi rimpianti da parte mia. Da allora non ho scritto manco mezza riga. Poi è successo, qualche tempo fa, di trovarmi a casa intento a perfezionare una comparsa che mi era stata assegnata. Ero nel bel mezzo di una di quelle crisi esistenziali e di nervi che ciclicamente mi tormentano, alimentando le mie incertezze a proposito della mia vita ed, in particolare, della strada professionale intrapresa. Così, di getto, quasi inconsciamente, lasciai perdere la comparsa e buttai giù queste righe, ispirato da una locuzione latina che avevo appena rinvenuto in una delle mie letture giuridiche.

Et de hoc satis

Falangi di conifere:

scruta l'alba del tuo primeggiare

il vile inganno della teleologia

che ti vomita addosso la sua Amrita.

Io me ne sto qui

rannicchiato e tremante

a respirare tenebre ed ingozzarmi di carcinomi

il cuore incrostato di tedio

fulgidamente avviluppato

nel mio sudicio manto cirenaico.

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