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Ateismo / Agnosticismo


demos

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Affermare che l'essere esista fuori dal pensiero è quello che ho scritto di intendere quale "attribuzione di un senso" (con il minimo quantitativo di informazione richiesta).

Tale attribuzione è ascrivibile solo ad un atto di fede.

Tale primordiale fede non è negabile, pena lo sgretolamento della relazione fra il sé ed il resto.

Da tale sgretolamento, il primo esperimento simpatico che dovrebbe sorgere in una mente onesta è il suicidio.

Non credo che tu non abbia saputo scrivere quello che pensi, che a me pare di aver inteso in maniera soddisfacente (per quanto la forma permetta).

Quello che mi pare è che tu non abbia avuto molta pazienza nel leggere.

Lo penso perché mi hai progressivamente attribuito una serie di concetti che, se anche fossero miei, in ogni caso non ho espresso.

Ma veramente se leggi bene quello che ho scritto vedrai che non attribuisco proprio niente a nessuno. Ho solo esposto un paio di mie riflessioni, senza minimamente fronteggiare altre posizioni. E smettila con questo suicidio!

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E allora perchè si vive se la vita è il Nulla?

Tutto un fattore di reazioni chimica, atomi e chi più ne ha più ne metta.

ps: la tua firma/foto profilo mi provoca una reazione chimica particolarmente importante qui sotto. (senza contar quel 'ina')

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Mi piace questo thread; un sacco di ragionamenti , parole , pensieri, ma in fin dei conti ? un bel Nulla (la vita). Bravi bravi.

In fin dei conti rimane la vita ma è ovvio, dato che non è possibile dare un fondamento di razionalità alla fede. Non è scienza. Non c'è nessuno che ha ragione o torto, ognuno ha una sua interiorità che si sviluppa a suo modo. :smoke:

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E poi dicono che fare filosofia non serve a nulla, che è una perdita di tempo, una sottrazione di tempo ad attività "concrete". In base allo scambio di battute fra il forumista filosofo e gli altri partecipanti alla discussione, è impossibile trattenersi dal constatare una differenza sottile ma decisiva: il "filosofo" ha dalla sua l'arma del rigore, della capacità di situare un pensiero nello spazio dei concetti e delle ragioni, come direbbe Sellars, vecchia volpe della filosofia post-analitica. Non voglio spingermi fino ad affermare che chi ha intrapreso con serietà studi filosofici rigorosi alla fine ne ha guadagnato in termini di autoconsapevolezza o autocoscienza perchè non provo grande simpatia per quel tipo di filosofia basata sul primato del pensiero riflessivo: penso infatti che la cosiddetta autocoscienza sia in fin dei conti l'epifenomeno trascurabile di processi che avvengono nel campo semantico di relazioni pubbliche e attività concrete mentre il mito cartesiano dell'immediatezza relativa alla coscienza di se stessi è solo un postulato volto a giustificare finalità epistemologiche fondative. Filosofia è piuttosto una attività che consente di fare genealogia e di recuperare non l'origine ma la provenienza di processi che riguardano il pensiero cosciente: non a caso uno dei capisaldi della Filosofia si intitola Genealogia della morale, saggio brillante in cui un caustico Nietzsche ci invita a riflettere sull'avvicendamento dei concetti che hanno contribuito a dar vita all'orizzonte morale a cui l'uomo contemporaneo crede con una fede tanto forte quanto cieca. In questo saggio compare ad un certo punto, in relazione alla sua trattazione dell'ideale ascetico, una frase apparentemente enigmatica ma pregna di significato in cui si legge che la volontà del nulla è comunque più appagante rispetto all'assenza di una volontà. L'uomo, incalza Nietzsche, non solo sopporta il dolore garantendo ad esso un senso superiore ma è addirittura pronto a sacrificarsi perchè il dolore è lo strumento attraverso cui può espiare i peccati di cui lo stesso dolore è segno tangibile. Un circolo vizioso del senso che si genera per un desiderio di un senso a tutti i costi.

Capire che il mondo non è dotato di un senso intrinseco è un problema solo per chi credeva che quel senso assoluto ci fosse (come ha scritto Edwardbloom). Il relativismo è la diretta conseguenza della disgregazione di un pensiero assoluto. Ma lo stesso relativismo, per il quale qualsiasi interpretazione e qualsiasi senso è in fin dei conti paragonabile, al medesimo livello, si trova ancora succube dell'ideale assoluto (e molti non se ne rendono conto!): infatti è proprio perchè sente la mancanza di un ideale assoluto, di un senso assoluto che il relativista giudica alla pari tutte le interpretazioni, nessuna delle quali è ai suoi occhi degna di esser veramente abbracciata, in quanto non giustificata dall'alto, dall'esterno di un sistema di credenze e conoscenze "umano".

Ma ciascun senso è in realtà diverso e la grana fine di questa diversità è stata messa in risalto da alcuni degli scrittori colpevolmente e paradossalmente bollati come "relativisti" da una tradizione critica arrogante ed ignorante (lo stesso Nietzsche, Deleuze, Foucault, Wittgenstein..)

Personalmente consiglio a tutti un libro magistrale, La filosofia e lo specchio della natura di R.Rorty, un testo difficile ma ricchissimo e utilissimo, una vera e propria scorribanda condotta all'interno della storia della filosofia allo scopo di illustrare le radici di ogni pensiero corrotto dal dogma e dal pregiudizio (epistemologico ma anche morale). Il risultato è a metà strada fra il secondo Wittgenstein, Davidson (On the very idea af a conceptual scheme è uno dei punti di riferimento) e...Aldo Gargani (indimenticabile il suo saggio "Il sapere senza fondamenti", fra l'altro ha scritto la prefazione di un altro saggio di Rorty).

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E poi dicono che fare filosofia non serve a nulla, che è una perdita di tempo, una sottrazione di tempo ad attività "concrete". In base allo scambio di battute fra il forumista filosofo e gli altri partecipanti alla discussione, è impossibile trattenersi dal constatare una differenza sottile ma decisiva: il "filosofo" ha dalla sua l'arma del rigore, della capacità di situare un pensiero nello spazio dei concetti e delle ragioni, come direbbe Sellars, vecchia volpe della filosofia post-analitica. Non voglio spingermi fino ad affermare che chi ha intrapreso con serietà studi filosofici rigorosi alla fine ne ha guadagnato in termini di autoconsapevolezza o autocoscienza perchè non provo grande simpatia per quel tipo di filosofia basata sul primato del pensiero riflessivo: penso infatti che la cosiddetta autocoscienza sia in fin dei conti l'epifenomeno trascurabile di processi che avvengono nel campo semantico di relazioni pubbliche e attività concrete mentre il mito cartesiano dell'immediatezza relativa alla coscienza di se stessi è solo un postulato volto a giustificare finalità epistemologiche fondative. Filosofia è piuttosto una attività che consente di fare genealogia e di recuperare non l'origine ma la provenienza di processi che riguardano il pensiero cosciente: non a caso uno dei capisaldi della Filosofia si intitola Genealogia della morale, saggio brillante in cui un caustico Nietzsche ci invita a riflettere sull'avvicendamento dei concetti che hanno contribuito a dar vita all'orizzonte morale a cui l'uomo contemporaneo crede con una fede tanto forte quanto cieca. In questo saggio compare ad un certo punto, in relazione alla sua trattazione dell'ideale ascetico, una frase apparentemente enigmatica ma pregna di significato in cui si legge che la volontà del nulla è comunque più appagante rispetto all'assenza di una volontà. L'uomo, incalza Nietzsche, non solo sopporta il dolore garantendo ad esso un senso superiore ma è addirittura pronto a sacrificarsi perchè il dolore è lo strumento attraverso cui può espiare i peccati di cui lo stesso dolore è segno tangibile. Un circolo vizioso del senso che si genera per un desiderio di un senso a tutti i costi.

Capire che il mondo non è dotato di un senso intrinseco è un problema solo per chi credeva che quel senso assoluto ci fosse (come ha scritto Edwardbloom). Il relativismo è la diretta conseguenza della disgregazione di un pensiero assoluto. Ma lo stesso relativismo, per il quale qualsiasi interpretazione e qualsiasi senso è in fin dei conti paragonabile, al medesimo livello, si trova ancora succube dell'ideale assoluto (e molti non se ne rendono conto!): infatti è proprio perchè sente la mancanza di un ideale assoluto, di un senso assoluto che il relativista giudica alla pari tutte le interpretazioni, nessuna delle quali è ai suoi occhi degna di esser veramente abbracciata, in quanto non giustificata dall'alto, dall'esterno di un sistema di credenze e conoscenze "umano".

Ma ciascun senso è in realtà diverso e la grana fine di questa diversità è stata messa in risalto da alcuni degli scrittori colpevolmente e paradossalmente bollati come "relativisti" da una tradizione critica arrogante ed ignorante (lo stesso Nietzsche, Deleuze, Foucault, Wittgenstein..)

Personalmente consiglio a tutti un libro magistrale, La filosofia e lo specchio della natura di R.Rorty, un testo difficile ma ricchissimo e utilissimo, una vera e propria scorribanda condotta all'interno della storia della filosofia allo scopo di illustrare le radici di ogni pensiero corrotto dal dogma e dal pregiudizio (epistemologico ma anche morale). Il risultato è a metà strada fra il secondo Wittgenstein, Davidson (On the very idea af a conceptual scheme è uno dei punti di riferimento) e...Aldo Gargani (indimenticabile il suo saggio "Il sapere senza fondamenti", fra l'altro ha scritto la prefazione di un altro saggio di Rorty).

Sì, ok, bravo.

Ma tu cosa pensi?

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Sì, ok, bravo.

Ma tu cosa pensi?

Mi aggrego a Sex

Io mi sono fermato alla frase: "penso infatti che la cosiddetta autocoscienza sia in fin dei conti l'epifenomeno trascurabile di processi che avvengono nel campo semantico di relazioni pubbliche e attività concrete mentre il mito cartesiano dell'immediatezza relativa alla coscienza di se stessi è solo un postulato volto a giustificare finalità epistemologiche fondative."

Non capisco, mi spiace, non capisco il tuo pensiero, caro ThomYorke!

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La terribile frase:

"penso infatti che la cosiddetta autocoscienza sia in fin dei conti l'epifenomeno trascurabile di processi che avvengono nel campo semantico di relazioni pubbliche e attività concrete mentre il mito cartesiano dell'immediatezza relativa alla coscienza di se stessi è solo un postulato volto a giustificare finalità epistemologiche fondative."

non doveva essere sfoderata dal caro Thom Yorke: così come è brutto dire "aeromobile" al posto di "aereo", "unità cinofila" al posto di "cane" e "Mitili" al posto di "Cozze", così è inutile tirare fuori l'armamentario teorico della Filosofia dove non è necessario. E' lo stesso che cominciare a parlare di equazioni di terzo grado a diciotto incognite mentre sei al bar.

La frase, "penso infatti che la cosiddetta autocoscienza sia in fin dei conti l'epifenomeno trascurabile di processi che avvengono nel campo semantico di relazioni pubbliche e attività concrete" se non mi sbaglio, voleva essenzialmente dire:

L'autocoscienza - la consapevolezza che ognuno ha della propria esistenza - è un fenomeno collaterale, una illusione che nasce dal linguaggio : così come non esiste una entità fisica che si chiama "Matrimonio", ma tale entità può esistere solo all'interno di una serie di pratiche linguistiche ("Vi dichiaro marito e moglie!" "Si"), così, secondo Thom Yorke (mi sembra di aver capito) così come secondo Dennett, la coscienza individuale nasce illusoriamente dall'insieme di pratiche linguistiche che connotano la civiltà umana.

La frase "il mito cartesiano dell'immediatezza relativa alla coscienza di se stessi è solo un postulato volto a giustificare finalità epistemologiche fondative."

vuol dire in pratica: "se pensi di esistere solo perchè stai pensando (Cogito ergo sum) stai perdendo tempo." :)

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La terribile frase:

"penso infatti che la cosiddetta autocoscienza sia in fin dei conti l'epifenomeno trascurabile di processi che avvengono nel campo semantico di relazioni pubbliche e attività concrete mentre il mito cartesiano dell'immediatezza relativa alla coscienza di se stessi è solo un postulato volto a giustificare finalità epistemologiche fondative."

non doveva essere sfoderata dal caro Thom Yorke: così come è brutto dire "aeromobile" al posto di "aereo", "unità cinofila" al posto di "cane" e "Mitili" al posto di "Cozze", così è inutile tirare fuori l'armamentario teorico della Filosofia dove non è necessario. E' lo stesso che cominciare a parlare di equazioni di terzo grado a diciotto incognite mentre sei al bar.

La frase, "penso infatti che la cosiddetta autocoscienza sia in fin dei conti l'epifenomeno trascurabile di processi che avvengono nel campo semantico di relazioni pubbliche e attività concrete" se non mi sbaglio, voleva essenzialmente dire:

L'autocoscienza - la consapevolezza che ognuno ha della propria esistenza - è un fenomeno collaterale, una illusione che nasce dal linguaggio : così come non esiste una entità fisica che si chiama "Matrimonio", ma tale entità può esistere solo all'interno di una serie di pratiche linguistiche ("Vi dichiaro marito e moglie!" "Si"), così, secondo Thom Yorke (mi sembra di aver capito) così come secondo Dennett, la coscienza individuale nasce illusoriamente dall'insieme di pratiche linguistiche che connotano la civiltà umana.

La frase "il mito cartesiano dell'immediatezza relativa alla coscienza di se stessi è solo un postulato volto a giustificare finalità epistemologiche fondative."

vuol dire in pratica: "se pensi di esistere solo perchè stai pensando (Cogito ergo sum) stai perdendo tempo." :)

Grazie!

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Mi scuso, ha ragione Edwardbloom...

E comunque non credo che la coscienza di sè (l'autocoscienza) sia una vera e propria illusione quanto piuttosto il punto di arrivo di processi che si svolgono al di fuori del nostro controllo (Spinoza nell'Etica si riferisce al pensiero cosciente come ad un rapporto degli istinti e delle pulsioni che emerge come un tutto). Quello che contesto è che la coscienza di sè possa essere il punto di partenza di una impostazione filosofica: Cartesio con il "cogito" (cogito ergo sum, penso quindi esisto) ha introdotto il mito dell'immediatezza dei contenuti della coscienza, trascurando appunto il fatto che prima di arrivare ad avere coscienza di qualcosa è necessario avere il concetto di quella cosa, sapersi riferire attraverso un linguaggio a quella cosa.

Secondo la tradizione cartesiana per sapere che qualcosa è rosso (una conoscenza) è sufficiente trovarsi di fronte ad un dato sensoriale rosso mentre da Wittgenstein in avanti ci si è posti una domanda circa la priorità logica nel processo di aquisizione delle conoscenze e si è arrivati a comprendere che padroneggiare un linguaggio è condizione necessaria per poter avere conoscenze giustificate. Come si arriva ad avere il concetto di rosso? Cartesio non aveva dubbi: guardando una cosa rossa! Ma per poter vedere una cosa rossa è necessario sapere che quella cosa è rossa e dunque avere già il concetto di rosso. L'abilità di riconoscere oggetti rossi è meno banale di quello che può sembrare ad una prima ricognizione e solo se abbiamo imparato un linguaggio possiamo arrivare ad avere conoscenze osservative giustificate. Ecco, questo è un esempio di come alcune di quelle azioni che da un punto di vista non filosofico possono apparire "immediate" o banali (imparare ad osservare oggetti rossi e riportare resoconti osservativi di tali oggetti)in realtà richiedono un addestramento molto lungo e complesso. Con questo non intendo sostenere che la coscienza di sè sia una illusione: piuttosto anch'essa è una sorta di conquista biologico-culturale che ha avuto i suoi effetti anche in ottica evolutiva; un tempo si credeva che l'autocoscienza fosse il segno della vicinanza a Dio poichè tale facoltà era considerata un quell'elemento che permetteva una distinzione "qualitativa" fra l'uomo e gli altri animali. Probabilmente però ci fu per molto tempo una confusione profonda fra complessità e qualità.

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  • 5 months later...
  • 1 month later...

Sono cattolico.

Ma mi sto cominciando a rompere le palle di questo Papa.

Ma dico io come cazzo fai ad andare a Cuba e dire "Cuba deve cambiare"? Cioé tu che dovresti predicare la povertà, la carità, vai in un paese povero e cattolico a dire che "deve cambiare"??? Ma dillo all'Europa e agli USA che devono cambiare!!!! Ma siamo ancora fermi a Don Camillo e Peppone? Siamo ancora a cattolici VS comunisti?

Sono delusissimo, pensavo che certe minchiate potesse spararle solo Berlusconi, non una persona di infinita grazia come un Papa.

Il vicario di Cristo... Gesù avrebbe detto "l'Occidente deve cambiare", non Cuba!

Bisogna evangelizzare l'Occidente, non Cuba.

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Va beh Laca, l'ambiguità/falsità/ipocrisia della chiesa è una cosa che si studia sui libri di scuola. Non me ne è mai fregato più di tanto ma c'è qualcosa nei fondamenti della chiesa cattolica che ha sempre creato problemi di coerenza, non so esattamente cosa sia però.

Dal canto mio io non so ancora definire il mio credo, o meglio, non so definire la mia idea del mondo.

Semplicemente per esperienze personali, per pensieri forse troppo complicati e inspiegabili (posso provarci ma sono una capra nei discorsi intricati, soprattutto su argomenti come questo), sono fermamente convinto dell'inesistenza di un dio, o di divinità in generale.

Credo che tutto sia regolato da leggi innate, spontanee, frutto di continui cambiamenti nel tempo. Non sono assolutamente un individuo pessimista o distruttivo, anzi, il mio mondo è a colori, colori vivi. Il bello della vita, di quello che ci sta attorno secondo me è proprio questo: le diverse sfumature e interazioni che ci sono tra noi (esseri umani) e tutto ciò che ci circonda.

Inoltre ultimamente sto sviluppando una tendenza a credere nelle "vibrazioni".

Mi sono reso conto che in diverse situazioni della vita di tutti i giorni le interazioni fra di noi non solo sono regolate da comportamenti e da fatti e da parole, ma anche da istinti, riflessi incondizionati e sensazioni (sempre istintive). Queste sono le vibrazioni di cui parlavo.

Prendetemi per pazzo ma credo nella bontà di tali istinti e vibrazioni, credo siano influenze di tipo extrasensoriale che ci arrivano dal mondo esterno e che noi esterniamo involontariamente.

Ecco qui, vi ho spiegato il mio pensiero. Spero condividiate almeno qualcosa :lol:

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Va beh Laca, l'ambiguità/falsità/ipocrisia della chiesa è una cosa che si studia sui libri di scuola. Non me ne è mai fregato più di tanto ma c'è qualcosa nei fondamenti della chiesa cattolica che ha sempre creato problemi di coerenza, non so esattamente cosa sia però. Dal canto mio io non so ancora definire il mio credo, o meglio, non so definire la mia idea del mondo. Semplicemente per esperienze personali, per pensieri forse troppo complicati e inspiegabili (posso provarci ma sono una capra nei discorsi intricati, soprattutto su argomenti come questo), sono fermamente convinto dell'inesistenza di un dio, o di divinità in generale. Credo che tutto sia regolato da leggi innate, spontanee, frutto di continui cambiamenti nel tempo. Non sono assolutamente un individuo pessimista o distruttivo, anzi, il mio mondo è a colori, colori vivi. Il bello della vita, di quello che ci sta attorno secondo me è proprio questo: le diverse sfumature e interazioni che ci sono tra noi (esseri umani) e tutto ciò che ci circonda. Inoltre ultimamente sto sviluppando una tendenza a credere nelle "vibrazioni". Mi sono reso conto che in diverse situazioni della vita di tutti i giorni le interazioni fra di noi non solo sono regolate da comportamenti e da fatti e da parole, ma anche da istinti, riflessi incondizionati e sensazioni (sempre istintive). Queste sono le vibrazioni di cui parlavo. Prendetemi per pazzo ma credo nella bontà di tali istinti e vibrazioni, credo siano influenze di tipo extrasensoriale che ci arrivano dal mondo esterno e che noi esterniamo involontariamente. Ecco qui, vi ho spiegato il mio pensiero. Spero condividiate almeno qualcosa :lol:

Io condivido in grande parte, grandissima parte.

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Per quello che può interessare, il mio rapporto con la sfera religiosa è un po' particolare: sono squisitamente anticlericale, a un tempo ateo e a un tempo agnostico, ma se fossi credente probabilmente sarei affine all'ebraismo.

Sono sostanzialmente affascinato dall'uomo, dal singolo uomo come dall'umanità nel suo complesso. È questo l' "archè" in cui ripongo totale ed incondizionata fiducia e in questo senso se da una parte non riesco a tutti gli effetti ad accettare l'idea di un "über" che non sia in grado di essere messo quantomeno in pericolo dal questionare le stesse capacità umane - probabilmente per via d'una personale "miopia" - , dall'altra mi è impossibile rimanere indifferente nei confronti del concetto di "spiritualità".

Da questo punto di vista, se da un lato non riesco a identificarmi esattamente con un percorso spirituale specifico (e non invidio ma certamente non biasimo chiunque in questo sia riuscito) nè ripongo le mie speranze e le mie attenzioni all' "aere" quanto, piuttosto, al mio "prossimo"; dall'altro lato sarebbe terribilmente presuntuoso da parte mia considerare di essere perfettamente edotto in merito alle varie religioni.

Comprendo in pieno, tuttavia, il concetto di "devozione" nella sua accezione più sincera poichè conscio d'averlo sperimentato in prima persona ma per tutt'altra forma di religiosità - appunto - prettamente "umana" (colui che move il sole e l'altre stelle), e in qualche misura invidio chi raggiunge tali stati di profonda "comunione in absentia", ma è un' "invidia" sempre indirizzata al piano "umano" anzichè a quello spirituale.

Riguardo il capitolo "bestemmie" sono pienamente d'accordo con karma, quoto ogni pixel! :D

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  • 1 month later...

Sono cattolico.

Ma mi sto cominciando a rompere le palle di questo Papa.

Ma dico io come cazzo fai ad andare a Cuba e dire "Cuba deve cambiare"? Cioé tu che dovresti predicare la povertà, la carità, vai in un paese povero e cattolico a dire che "deve cambiare"??? Ma dillo all'Europa e agli USA che devono cambiare!!!! Ma siamo ancora fermi a Don Camillo e Peppone? Siamo ancora a cattolici VS comunisti?

Sono delusissimo, pensavo che certe minchiate potesse spararle solo Berlusconi, non una persona di infinita grazia come un Papa.

Il vicario di Cristo... Gesù avrebbe detto "l'Occidente deve cambiare", non Cuba!

Bisogna evangelizzare l'Occidente, non Cuba.

Beh Lac, tieni presente che alla fine è stato quantomeno coerente. Voglio dire, non mi sembra che il Papa sia così povero. Sul Papa e la Chiesa in generale ci sarebbe da parlarne (lo ha fatto già un po' Edwardbloom qualche pagina addietro), anche se forse questa non è la discussione più adatta.

Questo è un topic molto interessante, si vedono i filosofi, i credenti e i non credenti argomentare in pace, che bello.

Volevo rispondere (e chiedere una cosa) con MOLTO ritardo ad aprilshower...

Assolutamente credente, Cristiana Cattolica dopo essermi ostinata per anni a dirmi atea: in definitiva prima dello spirito potè la materia, perché di Cristianesimo sono intrisa per nascita, di ateismo mi sono fatta una fugace e adolescenziale doccia cerebrale happy.gif

Cosa intendi con "prima dello spirito potè la materia"? Fatico a vedere una religione come qualcosa di "materiale".

2)quelli che bestemmiano artatamente perchè sfidano la morale comune e perché vogliono ferire le orecchie di chi li circonda, ovviamente dove c'è intenzione c'è malizia.

Spesso chi bestemmia, non fa altro che dimostrare la sua inferiorità inconscia nei confronti di una qualsiasi forma Divina; d'altra parte che motivo ci sarebbe di prendersela con "X" se non si pensasse che "X" sia in grado di fare più di quanto è in grado di fare chi contro "X"inveisce impotente ...

Ecco, è la stessa cosa che rinfaccio a chi ne abusa, di queste espressioni, vedendomi poi dare addirittura del paraculo. Bah. :D

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Beh Lac, tieni presente che alla fine è stato quantomeno coerente. Voglio dire, non mi sembra che il Papa sia così povero. Sul Papa e la Chiesa in generale ci sarebbe da parlarne (lo ha fatto già un po' Edwardbloom qualche pagina addietro), anche se forse questa non è la discussione più adatta.

Forse hai ragione tu. I veri papi sono quelli che stanno nelle piccole parrocchie, nelle periferie, nelle fabbriche, quelli che danno consolazione veramente. Però il Papa in quanto uomo politico ovvero Benedetto XIV (che fino a prova contraria è un capo di Stato) che va a Cuba e dice "Cuba deve cambiare" e quando parla dell'Italia dice "l'Italia deve crescere" dice le stesse cose che direbbe un banchiere, un cummenda milanese, eccetera....lo trovo agghiacciante.

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